Dalle parole ai fatti

Apprezzabile lo stile di Mario Draghi anche nella comunicazione: zero retorica e paroloni, zero promesse da tribuno, zero discorsi da soap opera. Nelle parole di ieri, in occasione della Festa della Donna, il premier ha detto lo stretto indispensabile per tenere duro, per uscire dal Covid e dalla crisi, per recuperare fiducia e costruire il futuro. Ecco perché scriviamo dalle parole ai fatti, perché a questo punto da Draghi – al posto di chiacchiere, pistolotti ridicoli e autocelebrativi – ci aspettiamo i fatti per tornare a sperare, lavorare, produrre, dormire, amare, frequentare, studiare, primum vivere. Insomma, tutto ciò che il Covid e i giallorossi ci hanno tolto e impedito in questo anno devastante.

Sia chiaro, ad impossibilia nemo tenetur, ma la differenza tra Giuseppe Conte e Draghi è talmente grande che i risultati dovranno esserci per forza. Per non dire che la presenza al governo di un pezzo importante del centrodestra e soprattutto degli elettori – perché Lega e Forza Italia assieme rappresentano un terzo del Paese – dovrà pesare eccome rispetto a prima. Insomma, Grillo, Di Maio, Speranza e Zingaretti che si è dimesso per vergogna e disperazione, possono darsi pace, perché Draghi sa da solo cosa serva al Paese per uscire dal tunnel. Ma sa altrettanto che la presenza del centrodestra in maggioranza è essenziale.

Se ciò non bastasse, Super Mario, come tutti noi, ha constatato quanto la politica giallorossa sia stata una iattura. Dunque, c’è poco da puntare i piedi per comunisti, cattocomunisti e grillini, per contrastare le ovvietà che servono ora e subito al Paese. Ci riferiamo alla preparazione di un piano per il Recovery con l’ausilio di advisor ultra-selezionati, come ai cambi dei vertici anti-Covid che Draghi ha già effettuato e quelli che dovrà effettuare. Basti pensare che nel Comitato tecnico scientifico, come evidenziato dalla rivista Nature, non c'è nemmeno un virologo.

Del resto, che i provvedimenti del Conte-bis, sostenuto dagli eredi di quel “criminale” di Palmiro Togliatti, di cui ora si vergognano e citano Antonio Gramsci, che nella realtà pratica e politica comunista italiana c’entra niente perché è morto nel 1937, siano stati un fallimento economico e sociale è testimoniato proprio da Draghi, che altrimenti non sarebbe arrivato. Dunque ognuno, con un filo di buon senso, opterebbe per scelte e provvedimenti in controtendenza rispetto ai precedenti. O almeno così sarebbe auspicabile, visto che se fallisse anche la cura Draghi per l’Italia sarebbe la catastrofe, per questo ci aspettiamo fatti concreti, rapidi e opposti a quelli giallorossi.

Ci aspettiamo meno statalismo. Continuare a dire che la Pubblica amministrazione non funziona, perché c’è poco personale, è un refrain comunista e sindacale, non è possibile che dalla scuola alla giustizia fino al resto dell’apparato ci sia un sottodimensionamento. Anzi, dai confronti col mondo è vero il contrario e se la burocrazia è diventata il peggiore dei mali, è anche per troppe leggi demenziali. Tanto è vero che per scavalcare le follie burocratiche e da Leviatano, consigliamo a Draghi in previsione del Recovery e della sua attuazione, di rispolverare e potenziare quella legge geniale che Silvio Berlusconi ideò nei suoi governi – “la Legge obiettivo” – a proposito di differenza politica e di governo fra centrodestra e centrosinistra.

Al premier suggeriamo di aumentare al 50 per cento la misura dei fondi Recovery destinati al Sud che è fissata al 34 per cento. Perché se all’Italia serve una cura da cavallo, al Sud ne serve una da elefante. Lo sviluppo del Sud sarà la vera nostra carta vincente. Insomma, per passare dalle parole ai fatti, sarà indispensabile mettere a tacere le sirene assistenzialiste, stataliste e cattocomuniste che hanno rovinato il Paese, trasformandolo in un gigante pubblico che costa una eresia e soffoca l’economia. Continuare a favorire il segmento pubblico, in una fase in cui quello privato rischia la decimazione da chiusura obbligata, sarebbe una sciocchezza sconsiderata. Perché, come dice Draghi, la” pazienza infinita” che c’è stata fino ad ora può finire all’improvviso. Per questo, servirà una pace fiscale tombale e ogni ipocrisia comunista sul tema sarebbe esiziale. Soluzioni parziali sarebbero una sciocchezza, ci ritroveremmo punto e a capo nel giro di poco tempo tra contenziosi, ricorsi, cartelle non pagate e problemi di scadenza tra vecchio e nuovo da saldare. Serve cancellare tutto al meglio del possibile, per ripartire sul pulito verso il futuro.

Infine, serve chiarezza sui vaccini, sulle chiusure, sui colori, c’è da impazzire. O si chiude tutto per un po’ oppure no: è un anno che si va avanti da esaurimento nervoso. Da Draghi ci aspettiamo altro, visto che la vittoria sul Covid non è lontana e ci saranno 15 milioni di vaccinati al mese nei prossimi quattro mesi, come dice Roberto Speranza, al quale non crediamo visti i fallimenti. Ecco perché dalle parole ai fatti: se c’è una cosa sicura è la fretta, visto il tempo perso dai giallorossi, dalle vergogne dei litigi nei grillini e nel Pd che, come dice Zingaretti, anziché ai problemi del Paese pensava alle poltrone. Bugiardi e incoscienti, altro che Governo messo in piedi per la salvezza nazionale contro i sovranisti e il centrodestra. Fu messo in piedi, invece, per i posti e le poltrone, per loro stessa ammissione.

Dalle parole ai fatti, verba volant scripta manent. O meglio: ancora le chiacchiere stanno a zero. Vogliamo tutti tornare a lavorare, uscire, viaggiare e sognare il futuro. Evviva l’Italia democratica pluralista e liberale, abbasso il fascismo e il comunismo.

Aggiornato il 09 marzo 2021 alle ore 10:44