La seconda ondata di Coronavirus che sta investendo il nostro Paese in questi giorni nuovamente difficili per la tenuta delle strutture sanitarie era stata ampiamente preannunciata dalla scienza. E sta colpendo in modo uniforme anche altri Paesi europei, per cui non riguarda solo l’Italia, ma anche la Francia, il Belgio, la Germania e l’Inghilterra che, in questo momento, sono messi anche peggio di noi. Il rischio di essere travolti da questa seconda ondata era stato previsto perfino dall’Oms e questa è una notizia, visto che le previsioni di questo “carrozzone” che, secondo l’agenzia di stampa Associated Press, “spende ogni anno più in viaggi dei suoi funzionari che in ricerche scientifiche”, si sono rivelate quasi tutte sbagliate. Per cui si poteva legittimamente confidare che, anche stavolta, non ci avessero azzeccato.

Purtroppo, non è andata così, ma essendo stata preannunciata in modo così tempestivo, è legittimo domandarsi cosa abbiano fatto le istituzioni politiche per prevenire ed arginare questa seconda “puntata”, considerato che la prima ondata dello scorso marzo ha colto tutti di sorpresa, anche perché la Cina aveva contribuito a ritardare la risposta sanitaria internazionale, nascondendo al mondo l’effettiva pericolosità del virus. Da un’analisi molto sommaria e sicuramente incompleta non sembra che le autorità italiane abbiano fatto granché, in termini fattuali, per prepararsi alla seconda “edizione” la quale, in realtà, sembra essere stata, in parte, “agevolata” da alcuni errori commessi dal governo centrale e dalle Regioni, uno dei quali potrebbe essere stato la riapertura delle scuole fortemente voluta dal ministro, Lucia Azzolina. Questo perché, in assenza di una concomitante riorganizzazione del trasporto pubblico locale idonea a supportare l’emergenza causata dal Covid-19, la riapertura delle scuole il 14 settembre ha comportato che sia mancato il distanziamento sociale nei mezzi di trasporto per la contemporanea presenza, nella medesima fascia oraria, dei ragazzi diretti a scuola e delle persone dirette al lavoro. Nessun dubbio sul fatto che il Governo di questo Paese dovesse riattivare rapidamente il servizio scolastico, tuttavia non si capisce perché dovesse partire necessariamente il 14 settembre e non, ad esempio, il 3 novembre, oppure, meglio ancora, direttamente dopo le festività natalizie, a far data dal 7 gennaio 2021, dal momento che, proprio come il precedente, anche l’anno scolastico in corso si concluderà con una didattica “ridotta”, in attesa di tempi migliori in cui ripristinare la didattica ordinaria.

Per questa ragione, in un articolo dello scorso maggio, era stata apprezzata la decisione del Governo di non disporre il ritorno in classe al 18 maggio, cioè, al termine del lockdown, perché la riapertura delle scuole, pur costituendo una priorità, andava affrontata con la massima cautela ed il rinvio appariva ragionevole in vista di un abbassamento della curva epidemiologica, anche considerando che l’anno scolastico in Italia si chiude sostanzialmente a fine maggio. Quindi, in quella fase, il ministro della Pubblica istruzione aveva ben operato e non si capisce perché si sia “intestardita” per riaprire, a tutti i costi, la scuola a metà settembre, visto che il rischio di una possibile seconda ondata imponeva maggiore cautela. In questo modo, il Governo si è assunto la responsabilità di creare situazioni di potenziale assembramento all’interno dei mezzi pubblici locali, visto che la riapertura delle scuole non è coincisa con un potenziamento dei trasporti che garantisse un effettivo distanziamento sociale all’interno dei convogli.

Il ministro Lucia Azzolina si è concentrata, principalmente, sui banchi monoposto ottenendo anche qualche risultato, ma il Governo si è dimenticato di allestire i trasporti straordinari per gli studenti delle scuole secondarie che, avendo un’età compresa tra i 14 ed i 18 anni, spesso si recano a scuola non accompagnati dai genitori ricorrendo ai mezzi pubblici. Non a caso, le città più colpite dalla seconda ondata risultano essere Napoli, Roma e Milano, il cui trasporto locale è caratterizzato proprio da sovraffollate metropolitane dove sono stati documentati alcuni assembramenti davvero terribili. A conferma, dal 27 ottobre è stata disposta la didattica a distanza al 75 per cento, proprio per gli allievi delle scuole secondarie, per cui il Governo ha preso atto dell’errore rimandando gli interessati a casa, ma nel mirino è finita anche il ministro dei Trasporti del Partito Democratico, Paola De Micheli, accusata dall’opposizione, ma anche da alcune forze di maggioranza, di non aver coordinato i trasporti a dovere in concomitanza con la riapertura delle scuole.

Un’altra possibile causa del mancato contenimento di questa seconda ondata sta nel fatto che, a distanza di molti mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria, il Governo non ha ancora adottato delle rigide linee guida per tutelare i più fragili separandoli dai meno fragili, inibendo la mobilità soprattutto a coloro che hanno una certa età ed in presenza di eventuali comorbilità. In questo quadro, un maggiore “isolamento” delle persone più fragili, anche attraverso strutture alberghiere e personale strettamente dedicato, come sta avvenendo negli Stati Uniti, avrebbe consentito alle persone meno fragili di continuare a vivere senza contagiare le persone più fragili e questa strategia, totalmente ignorata, poteva consentire al Paese una migliore “convivenza” con il virus.

Altro fattore che non ha contribuito ad arginare la seconda ondata del coronavirus è il totale fallimento della app “Immuni”, che meriterebbe le dimissioni immediate del commissario straordinario, Domenico Arcuri, per come è stata gestita fino a questo momento, in quanto il tracciamento “tecnologico” poteva rivelarsi decisivo per scovare ed isolare i positivi in modo molto più efficace rispetto ai tamponi ed ai test sierologici la cui efficacia si è progressivamente arenata. Inoltre, lo scorso 25 ottobre, Giuseppe Conte ha firmato il terzo Dpcm in 10 giorni con cui sono state disposte restrizioni a numerose attività commerciali con chiusure totali o con limitazioni di orario e questa “sterzata” lascia molto perplessi. Poiché l’ultimo decreto è stato preceduto da un altro Dpcm rapidamente stroncato dal nuovo provvedimento che ha reso inefficaci misure adottate solo qualche ora prima. Evidente, quindi, l’incertezza, la paura di sbagliare e la mancanza di una strategia anche solo di medio termine nel gestire questa seconda ondata.

Un’altra anomalia è che il Dpcm del 25 ottobre abbia disposto la chiusura di alcune attività commerciali non “focolaio”, come i cinema, i teatri, le palestre e le piscine, nonostante l’organo tecnico del Governo avesse dato il via libera alla prosecuzione delle attività perché il protocollo sanitario risultava adeguatamente rispettato all’interno degli esercizi ispezionati. Proprio su questo punto, per comprendere l’efficacia di queste nuove restrizioni, bisognerà attendere l’andamento della curva del contagio, dei morti e delle terapie intensive nelle prossime settimane, tuttavia, si fa fatica a comprendere quale sia la logica di chiudere attività commerciali che rispettano le regole del protocollo sanitario e non sono state segnalate come luoghi di contagio, così come non si riesce a comprendere perché bar e ristoranti debbano chiudere alle 18, considerato che non siamo in Cina dove si cena alle 17,30. Queste restrizioni sono state introdotte senza alcuna motivazione, neanche di natura tecnica, e questo aspetto ha reso l’azione del Governo oscura e che ricorda vagamente il “Comitato di sicurezza generale” al potere durante il Regime del Terrore che, come è noto, non applicava le regole del diritto, ma la terribile “legge dei sospetti”.

Battute a parte, proprio su questo punto, Walter Ricciardi, il consulente del ministro della Salute, ha spiegato che le restrizioni hanno una loro logica e dipendono dal fatto che la virulenza del Covid-19, in alcune aree, è talmente forte da richiedere l’inibizione di qualsiasi attività al chiuso, ma questa posizione oltranzista non ha convinto tutti ed ha spaccato la maggioranza di Governo, in quanto Matteo Renzi, dopo aver dato in un primo tempo il via libera, ne ha chiesto la parziale revoca. Ma, proprio su queste specifiche restrizioni, oltre ad essersi spaccato il Governo, si è purtroppo spaccato anche il Paese – evidentemente quella parte che non ha lauti stipendi garantiti a fine mese – che ha iniziato a protestare contro queste restrizioni economiche ritenute eccessive, scendendo in piazza ed aggredendo, perfino, le forze dell’ordine a Napoli, Roma, Milano, Torino e Trieste. Atteggiamenti gravissimi da condannare senza se e senza ma, anche se va rilevato come gli italiani avevano risposto in modo estremamente disciplinato quando è stato loro imposto il primo lockdown del 9 marzo.

Un’altra stranezza che caratterizza questo Governo è la sistematica e continua pubblicazione da parte dei media delle bozze dei Dpcm 24 ore prima della loro firma ufficiale: solitamente le bozze vengono diffuse illegalmente il sabato sera ed i Dpcm vengono emanati la domenica sera e che, a pensar male, sembra una manovra finalizzata ad ottenere quasi una “preventiva benedizione” da parte di qualche soggetto esterno e non si riesce a comprendere come il presidente del Consiglio e tutti i suoi addetti stampa non siano stati invitati a dimettersi, proprio per questa grave e sistematica violazione delle regole che va avanti da mesi e che, ovviamente, i media non stigmatizzano a dovere perché la pubblicazione delle bozze torna in qualche modo utile.

Dando uno sguardo oltre confine la tristezza aumenta perché, a distanza di molti mesi da quando è stata approvata l’inchiesta internazionale sui possibili ritardi della Cina, le indagini non sono partite perché Pechino non ha ancora autorizzato l’accesso al laboratorio di Wuhan agli esperti dell’Oms che dovrebbero ispezionare la struttura. Non è dato sapere il perché di questo reiterato ostruzionismo cinese, ma è probabilmente dovuto al fatto che la Cina teme che l’Oms abbia intenzione di scaricarla e, quindi, sta cercando di impedire che l’indagine compia passi ufficiali nel timore che le possa venire finalmente presentato il conto dei danni. Ma, a distanza di quasi un anno dai fatti, è lecito domandarsi a cosa serva questa ispezione, dal momento che avranno già abbondantemente “ripulito”. Tuttavia, le indagini preliminari possono comunque andare avanti alla ricerca di ulteriori elementi di prova a prescindere dall’ispezione dei locali oggetto d’indagine, sebbene la verifica dello stato dei luoghi sia attività essenziale ed è per questo che la Cina fa resistenza.

Inoltre, poiché il comportamento dell’Oms non è stato esente da feroci critiche, perché è stata accusata di contiguità con il regime cinese, desta meraviglia che la comunità internazionale, con una scelta che, da semplice che era, si è rivelata piuttosto astrusa ed illogica, abbia affidato proprio all’Oms questa delicata inchiesta, la quale andrebbe gestita direttamente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, anche perché il diritto internazionale gli conferisce la facoltà di svolgere investigazioni su vicende internazionali che abbiano comportato attriti tra gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza, con possibilità di deferire i responsabili al giudizio della Corte penale internazionale. Decisioni semplici che diventano astruse fanno venire in mente l’insegnamento di David Hume, il grande filosofo scozzese, scettico ed empirista, secondo cui il limite del pensiero umano deve accettare la divisione tra una “filosofia semplice” ed una “filosofia astrusa”, perché lo sforzo per la ricerca di una nuova strada del sapere deve andare oltre. Ma non può prescindere dalla naturale contrapposizione tra “radicalismo teoretico” e “moderatismo pratico”.

Aggiornato il 29 ottobre 2020 alle ore 09:52