Sotto botta della Germania

E adesso ci si venga a dire, come fa Roberto Gualtieri, che nelle interviste anziché la telecamera per sicurezza guarda il brogliaccio, che si può stare tranquilli perché la Banca centrale europea tirerà dritto. Non è così, perché la voce del padrone della Unione europea si è fatta sentire eccome. Insomma, non solo dalla Corte tedesca è arrivato un cartellino alla Bce, ma se poco poco le motivazioni sul Quantitative easing non dovessero convincere i giudici costituzionali, sarebbero problemi seri per i finanziamenti non convenzionali.

Come se non bastasse, inutile ricordare che Christine Lagarde non è Mario Draghi, perché al di là dello statuto della Bce l’autonomia si misura anche e soprattutto con la guida della banca e con la sua statura. Per farla breve, si conferma sia la dimensione germanocentrica dell’Europa e sia la differenza tra una banca centrale e indipendente di uno Stato unico e sovrano e la Banca di Francoforte che dipende dal giudizio di una corte. Elementare Watson! Che piaccia o meno la realtà è sempre la stessa perché nella Ue non sono tutti uguali ma, per dirla con Orwell, qualcuno è molto più uguale degli altri e la colpa non è dei tedeschi, ma di quelli come noi che non hanno avuto la forza di mettere in riga questi signori. È questo il motivo per cui da quando è nato l’Euro si è creata una spaccatura che col tempo è diventata una sorta di sventura per la maggior parte dei Paesi membri, perché l’unica che non ha ceduto sovranità, anzi l’ha rafforzata, è stata la Germania che oltretutto si è portata la Francia a rimorchio per tenerci meglio tutti sotto torchio.

Ecco perché il governo prima di andare a Bruxelles col piattino in mano avrebbe dovuto predisporre un piano interno, una strategia italiana per affrontare la crisi economica almeno in parte senza dover dipendere completamente dalla benevolenza della Ue, che tradotto significa Germania. Anche perché non è chiaro il motivo per cui dai tedeschi, che non ci amano, dovrebbe arrivare ora una generosità che non è mai esistita, anzi quando ci è stata concessa un po’ di flessibilità sui conti abbiamo sempre dovuto dare in cambio grossi tormenti tipo quelli del Governo Monti. Insomma, non ci illudiamo e non illudiamo gli italiani, come cerca di fare Giuseppe Conte, che tutto filerà liscio sui finanziamenti e sul Mes senza condizioni, visto che fino ad ora di certo e di sicuro non c’è un bel niente e la prova è proprio l’ultimatum della corte alla Bce. Ecco perché in queste settimane da parte non solo dell’opposizione, ma di tanti esperti, economisti ed ex ministri, si è levato un accorato appello per disporre di un piano finanziario interno e alternativo per reperire le risorse necessarie a contrastare la crisi e sostenere la ripresa.

Parliamo sia della proposta di bond vantaggiosi e volontari sottoscritti dai cittadini, sia della revisione della spesa e sia delle riserve di Bankitalia, insomma di un programma autonomo che non ci metta sotto botta della benevolenza tedesca. Qui infatti non si tratta solo di finanziamenti ma di condizionamenti su tutto il fronte della politica economica presente e futura, si tratta di decidere tra scegliere o subire, disporre o eseguire, essere liberi oppure al guinzaglio, inutile aggiungere cosa per noi sarebbe meglio. Sta tutta qui l’incapacità della maggioranza e del governo di fronte ad una crisi che non era imprevedibile, perché se si decide di chiudere il Paese per qualche mese si deve indiscutibilmente predisporre un piano di risorse eccezionale anziché dipendere dalla generosità europea e basta. Tanto è vero che siamo costretti a ritardare, centellinare poco e male sui provvedimenti perché non siamo stati in grado di fare i conti in casa e di recuperare risorse autonomamente almeno in parte.

Come se non bastasse, continuiamo a spendere un’eresia per un apparato pubblico ciclopico e inefficiente neanche fossimo in una fase di crescita esaltante, roba da chiedersi come sia possibile sfidare così tanto l’intelligenza, la pazienza del segmento privato e produttivo che in larga parte rischia il lavoro, il collasso e il fallimento, mentre lo Stato largheggia e si paga a piacimento. Per questo è inaccettabile ascoltare gli inviti a non disturbare il governo, il manovratore, quando è palese sia l’inadeguatezza e sia l’incapacità ad offrire soluzioni e sicurezza a tutti i cittadini, a partire da chi produce ricchezza e fatturato che serve a pagare lo Stato. Delle due l’una: o l’esecutivo interviene sulla spesa, sul fisco, sul fondo perduto, sulle banche, sulla burocrazia, per le aziende, gli artigiani le Partite Iva e i commercianti, oppure si cambia prima che la commedia diventi purtroppo una tragedia.

Aggiornato il 06 maggio 2020 alle ore 18:11