Mettiamola così, giusto per capire dove siamo finiti, grazie all’interpretazione legittima ma parziale della Costituzione per l’allestimento di una coalizione che non poteva in nessun modo funzionare. Perché sia chiaro i padri della carta scrivendo della ricerca di una maggioranza in parlamento, ponevano due condizioni, quella dei numeri e quella dell’armonia, nel senso cioè sia dell’una e sia dell’altra, mai infatti avrebbero pensato e accettato l’incompatibilità fra le due.

Tanto è vero che il presidente Oscar Luigi Scalfaro, sciogliendo anticipatamente le camere nel ‘94 si appellò proprio alla crisi di rappresentatività e funzionalità del e nel parlamento, in poche parole una sorta di distacco insanabile e rischioso tra parlamento e paese. Ebbene oggi seppure con tutte le differenze possibili, ci ritroviamo in una situazione molto prossima a quella di allora, la maggioranza in parlamento che è minoranza nel paese, il governo da una parte e gli italiani dall’altra, lotta, veti e minacce quotidiane tra le forze che sostengono l’esecutivo.

Tanto è vero che non solo il Conte bis vive sull’orlo di una crisi numerica e politica, ma si prepara a resistere ad oltranza solo grazie all’ ingresso di transfughi dell’opposizione e di alcuni dissidenti di Italia viva pronti a ritornare nel Pd dopo averlo abbandonato per seguire Matteo Renzi. Come se non bastasse oltre al can can dell’ex premier verso gli alleati, c’è l’acrimonia verso Conte testimoniata dagli ultimatum giornalieri e la crisi da disfacimento dei grillini che in ordine sparso scendono in piazza per contestare il Pd con slogan e cartelli.

Una realtà che non solo blocca il governo su ogni decisione obbligandolo a deliberare sempre salvo intese, ma ingessa la maggioranza per paura che finisca sotto bagno e spinge il parlamento in una campagna acquisti potenziale come si era vista esclusivamente con “Scilipoti”. Infatti non passa giorno senza che si parli dei cosiddetti responsabili, che si facciano i conti sui numeri al Senato, che si intrattengano patti reali o virtuali con i dissidenti, che si cerchi un modo per tirare avanti sul filo di qualche peones o transfuga che sia.

Succede sulla prescrizione, sul mille proroghe, sul reddito, sulla sicurezza, sulle nomine da fare, sulla fiducia ad Alfonso Bonafede, insomma ad ogni piè sospinto una minaccia, un’emergenza, un rischio di crisi, mentre il paese va a rotoli e sfiora la recessione economica e sociale. Qui non si tratta solo di Renzi e delle intemerate, perché l’ex Premier di ciambelle col buco ne ha fatte poche, anzi a dirla tutta non ne ha azzeccata una, dall’Enrico stai sereno, al referendum, alle insolenze sui grillini, alla scissione, si è dimostrato un flop inaffidabile, si tratta di un can can globale.

Si tratta di una maggioranza divisa tranne che sulle tasse e sulla galera, visto che Renzi su questo è stato come il cane che abbaia ma non morde e alla fine dai contanti alla plastica, dalle bevande zuccherate alle imposte comunali e alle persecuzioni fiscali ha convenuto e obbedito. Si tratta di un Premier che vive alla perenne ricerca di una sponda, che opera in costante contraddizione con l’esperienza precedente, che guida sbandando da un veto all’altro, che convoca consigli in parte disertati e continui vertici notturni con questo e quello per evitare il peggio.

Si tratta infine di un’alleanza in preda al fuoco amico, dai grillini al Pd a Italia viva, una sorta di fantasma che cammina per inerzia pur di impedire nuove elezioni, una coalizione che è solo un cartello contro Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi e soprattutto contro la volontà degli italiani. Ecco perché parliamo di can can insopportabile e ridicolo, perché tra la gente monta indignazione, perché la democrazia non soggiace alla finzione e a prenderla in giro si tira avanti poco e male solo in attesa dell’ultimo respiro.

Aggiornato il 17 febbraio 2020 alle ore 12:54