Avremmo voluto parlare d’altro

Avremmo voluto scrivere di un Paese in crescita, che utilizzi la leva keynesiana per l’incremento della produzione, dell’occupazione, che metta in campo il capitale di rischio per le infrastrutture e magari un po’ di debito con un progetto di lavoro e di ritorno.

Dal marzo 2018 avremmo preferito dirvi dei cantieri della Tav in avanzamento, del rilancio nel Sud con una fiscalità premiale, dello smobilizzo dei beni e degli enti inutili di Stato, delle liberalizzazioni e degli investimenti. Avremmo voluto commentare la riforma del Welfare con un progetto 4.0, la separazione fra assistenza e previdenza, il rilancio di quella integrativa e il riordino degli ammortizzatori tutti. Avremmo sperato di analizzare un fisco riformato verso le cose piuttosto che le persone, perché la produzione della ricchezza va stimolata anziché torturata. Nessuno si arricchisce per patire l’escussione poliziesca delle entrate, di Equitalia.

Avremmo voluto brindare sul balcone non per una pagliacciata, ma per bere a un programma per i giovani, di finanziamenti ad hoc sull’idea, di una linea evergreen studiata apposta per farli mettere in proprio e fare impresa, assunzioni, senza la tagliola del cuneo strozzino. Avremmo voluto fare festa per la sconfitta dei furbetti del cartellino, dei posti clientelari che i cattocomunisti hanno profuso sempre, per la decapitazione della burocrazia con un inno all’autocertificazione. Avremmo voluto usare inchiostro per la riforma della giustizia, quella rapida efficiente, quella della separazione delle carriere, della responsabilità civile, dell’obbligatorietà sull’azione penale rivista e corretta.

Avremmo scritto con piacere di un approccio sull’immigrazione che non fosse una battaglia navale, ma un accordo e un ultimatum insieme, coi Paesi d’origine e di partenza, un aut aut vero verso chi pensa di arrivare da noi contro le leggi e le regole di Stato. In Italia si entra se il motivo è vero e non se è inventato o provocato. Avremmo voluto questo e altro. Ma il 4 marzo del 18, qualcuno ha stabilito che l’alleanza attuale sia stata scelta dagli italiani: falso. Se i leghisti si fossero presentati coi grillini nemmeno col fucile avrebbero preso il 17 percento.

Così come è falsa la mancanza di alternativa. C’era eccome. Se l’incarico l’avesse avuto il centrodestra in Parlamento tra renziani e volenterosi l’appoggio ci sarebbe stato, punto. Proprio per questo si è impedito il tentativo, perché il governo di centrodestra sarebbe nato ma il Pd esploso e la sinistra disintegrata. È vero, invece, che si è cercato l’accordo fra Pd e grillini. Si è brigato, ma anche qui con Renzi in Parlamento non sarebbe passato mai. Toglietevi dalla testa questa idea che senza i pentaleghisti ci saremmo ritrovati col Pd e con Grillo, è falso.

Come è falsa l’idea del governo tecnico che è stato tentato pur di non dare l’incarico al centrodestra. Non solo Cottarelli, chiunque sarebbe stato impallinato. L’alternativa che restava era di tornare al voto. Ed è qui che Salvini ha abboccato per via della sua megalomania, altroché lasciapassare di Berlusconi. Il Cavaliere non ha dato mai l’ok. Disse a Salvini di vedere cosa sarebbe successo sul programma, un’esplorazione e non un’accettazione. Salvini ha fatto tutto da solo, come fa ora. Ecco perché ci ritroviamo un esecutivo che ci sprofonda. Ecco perché, da un anno, siamo costretti a raccontare le liti e le insolenze, le accuse e i capricci, i consigli saltati e disertati, di un’Italia in crisi trasformata in teatrino, regredita al peggiore statalismo, all’assistenzialismo comunista, tale per cui Alitalia tornerà pubblica. Roba da matti.

Aggiornato il 10 luglio 2019 alle ore 12:18