Il Papa e il Presidente: messaggi invertiti

Boni! State boni! Questo il succo prevalente, sconcertante per la sua evasiva ovvietà, del messaggio augurale del Presidente Sergio Mattarella dopo un anno in cui le Istituzioni della Repubblica sono state sottoposte per le distorsioni gravissime operate nella crisi peggiore della storia repubblicana a durissime e umilianti prove. Del resto una più forte denunzia, un più adeguato allarme avrebbe dovuto essere anche una denunzia di se stessa.

Al contempo, l’anno nuovo è stato salutato da Papa Francesco, il “Papa di strada”, che già con il suo populismo “interreligioso” aveva dato motivo a chi avesse voluto fare oggetto di analisi critica il suo pontificato, si sarebbe dovuto far notare per il suo neotemporalismo, lo ha fatto lanciando segnali di una certa tendenza di nuovo (cioè di nuovissimo ed al contempo di vecchio) conio, alla chiamata a raccolta dei cattolici per assumere un ruolo particolare nella vita politica del nostro Paese, quasi a voler cominciare a dar corpo ed ufficialità che del piano delle voci correnti e delle particolarità, sintomo di un simile ritorno ad un abbastanza recente passato, sono corse di recente e delle quali abbiamo dato notizia, facendone oggetto della nostra troppo poco autorevole attenzione.

Non sono certo in grado di dare lezioni sui sommi principi della politica, tanto più a chi ne fa (o dice di farne) oggetto di una identificazione con l’etica. È quindi del messaggio del Presidente, della sua stucchevole morbidezza, della mancanza in esso di quel grido di allarme e di quella necessità di giustificarsi per avere, bene o male, condiviso le peggiori malefatte che intendo dire qualcosa. Questo per me è un dovere.

Mattarella, cui nessuno può negare che si sia trovato alla suprema magistratura del Paese in un momento di gravissima e grottesca crisi, la peggiore tra quelle che in vario modo hanno tormentato la vita della nostra Repubblica, ha cercato di uscirne con il minimo clamore. La stessa gestione della crisi per la formazione del nuovo governo è stata tale da comportare la confusione totale dei ruoli, ufficializzando ed anteponendo quello dei partiti (e che partiti!) proprio nel momento in cui quella che sarebbe stata la maggioranza si proponeva come arena di uno scontro dissennato al suo interno, con la Costituzione e con le istituzioni europee. Il fatto che, “bene o male”, così operando sia riuscito a far venire fuori un governo checchessia, è il peggiore dei tentativi di giustificazione, perché è la giustificazione della negazione della funzione del diritto e dello Stato di diritto.

Le traversie della disgraziata “manovra” di bilancio sono troppo recenti per dover essere ricordate. È sperabile che in tale più recente occasione il ruolo del Presidente sia stato più incisivo e corretto di quanto non sia apparso. Ma, in tal caso a maggior ragione, voler fare di quel gran fascio di violazioni delle funzioni del Presidente e di ogni dovere di chiarezza e di serietà qualcosa da dimenticare, nel senso di volerne far venia a se stessi e agli altri, è una forma di complicità a posteriori con gli sciagurati responsabili di queste traversie dell’Italia.

No. Non sono cose da dimenticare. E non è da dimenticare il fatto che unica preoccupazione di Mattarella sembra in buona sostanza oggi quella di dimenticarle e di dirci: state buoni! Siamo fatti del nostro passato quanto e più che delle speranze e delle visioni dell’avvenire. Anzi, se il passato si vuole semplicemente dimenticare si cade nell’antipolitica e nella sentina populista della vita politica che tutto copre e travolge. E non si riesce ad uscirne.

Aggiornato il 03 gennaio 2019 alle ore 12:06