La Sinistra si confessa, ma...

Dopo Michele Serra è la volta di Oliviero Diliberto. Non direi senz’altro che gli intellettuali di sinistra si confessano, perché anche se “intellettuale” è qualifica un po’ vaga, la “confessione”, nell’era dei pentiti è termine da usare con molta circospezione.

A fronte della sfrontatezza di Serra, che ci informa che l’Italia non è degna di una sinistra, la confessione di Diliberto può apparire un capolavoro di sincerità. Tutto è relativo. Oliviero Diliberto conquista la simpatia del lettore con una affermazione, che, come vedremo, non è poi così remissiva: “L’unico dovere della mia generazione è sparire. Abbiamo fallito miseramente”.

Da “vero” pentito, Diliberto chiama in correità, sottoponendosi alla stessa pena, tutta la sua generazione. È un modo di digerire le sconfitte non nuovo proprio a sinistra, in ambienti non troppo discosti da quella frangia di comunisti “intransigenti” di cui Diliberto è stato un leader. Non nuovo e, francamente, tutt’altro che accettabile. Mi è capitato più volte di sentire combattenti e reduci del terrorismo parlare con disinvoltura e una punta di orgoglio della appartenenza a quelle congreghe di fanatici assassini usando proprio questa espressione: “La nostra generazione”, come se la responsabilità di quella tragedia fosse comune, appunto, a tutta la generazione. Comune un corno! Coetanei di quei disinvolti giocatori d’azzardo con le vite loro e quelle altrui c’erano, ci sono tanti, tantissimi bravi uomini e donne che nulla hanno avuto a che fare con la loro follia spocchiosa, che hanno lavorato, sofferto, creduto, semmai, in altro e anche sperato. Onestamente. Come gli ex terroristi anche Diliberto parla del suo ex comunismo estremista, scolastico e molto salottiero come di qualcosa proprio di un’intera generazione. Ma almeno Diliberto riconosce che ad essi, a quelli come lui, della sua o di altre generazioni non resta che, come si dice a Roma, “annasse a ripone...”.

“Annasse a ripone”, sparire, ma non senza il bottino. Perché, se per la maggior parte degli ex terroristi la pretesa sorte della loro generazione non è stata così tragica, nella conclusione, come avrebbe potuto e, forse, dovuto essere, per altri loro “vicini”, per gli estremisti della retorica, gli ortodossi delle ideologie, per Oliviero Diliberto, ad esempio, la sorte, l’uscita di scena non solo non è stata tragica (fortunatamente per tutti) ma nemmeno priva di qualche soddisfazioncella che ha dato succo e lustro, alle loro vite, rimaste loro addosso.

Oliviero Diliberto, leader dei “Comunisti Italiani” (una delle ali del Pci non confluita nelle formazioni politiche che di esso sono state eredi), in tale veste fece parte di un governo (mi pare quello Prodi) di coalizione di sinistra quale ministro della Giustizia. Ma Diliberto, che non aveva allora, ovviamente, ancora deciso di dover scomparire, non si lasciò prendere completamente dalle cure della carica ministeriale. E, mentre era ministro, concorse alla cattedra di Diritto romano all’Università romana “La Sapienza”. Fino a quel momento, a parte il ministero, Diliberto era dipendente dell’Università di Cagliari. Ma non come docente. Come bibliotecario. Vinse facilmente la prestigiosa cattedra (pare fosse l’unico concorrente) che era appartenuta, nientemeno, a Pietro Bonfante, uno dei più grandi giuristi di tutti i tempi. Solo che Pietro Bonfante arrivò alla cattedra di Diritto romano in Roma, dopo una lunga trafila di meno prestigiose sedi: Camerino, Torino, Pavia, se non erro.

Certo, il Diritto romano non ha oggi, purtroppo, nell’insegnamento universitario, il ruolo primario che aveva allora e non solo a causa del fatto che ad insegnarlo è Diliberto. Il quale, però, per scomparire non ha avuto bisogno e non ha bisogno di levarsi di quel fardello conquistato quando l’arroganza della cultura marxista era patrimonio di una sinistra della quale è oggi persino ridicolo domandarsi perché sia caduta così in basso. Il dovere di scomparire non sarà per Diliberto e molti altri suoi compagni essere poi così pesante e deprimente.

Aggiornato il 06 aprile 2018 alle ore 21:20