Persa la trebisonda, il Governo dà la caccia ai fantasmi

La libertà va difesa ogni giorno, con fermezza e determinazione, da chiunque. In questo caso però, il chiunque è un fantasma. Il fantasma di quel che fu e che, fortunatamente, non è più. Una dittatura che ha causato decine di migliaia di morti. Il fascismo è stato questo. Parlo al passato - per fortuna - e dato che si discute del “C’era una volta”, di un nemico che appartiene a ieri e non ad oggi, in questo caso non si sta assistendo a una stoica difesa della libertà. No, per nulla. Si sta presenziando a un nauseabondo tentativo di spostare l’attenzione su tematiche già affrontate e superate - la “Legge Scelba” e la “Legge Mancino” se ne occupano sufficientemente sin dal lontano 1952 la prima e, dal 1993, la seconda - che contribuiscono alla rottura del già deteriorato cordone ombelicale che lega noi figli, rappresentanti del vissuto reale della gente comune, alla nostra grande madre, la politica.

Non è con un gadget di Benito Mussolini, un saluto romano, una scritta su di un obelisco o una frase su Internet che si potrà riesumare il ventennio, per fortuna.
Dovesse essere approvata anche al Senato, suggerisco ad Emanuele Fiano d’inserire nella sua inutile legge anche la demolizione dell’intero quartiere Eur, di Latina o di Sabaudia.

Sono contro ogni forma di dittatura. Antica o contemporanea che sia, che provenga da destra o da sinistra, non ha importanza e mai l’avrà per me. Qualsiasi totalitarismo con conseguente privazione della libertà - delle libertà - mi provoca paura, ribrezzo, rabbia e qualsiasi altro sentimento di sdegno che un essere umano, mosso da sani valori, abbia mai covato. Al rosso e al nero ho sempre preferito il trasparente della libertà. Il mio disprezzo massimo però proviene, da sempre, dall’accanimento nei confronti di un’unica esperienza di sangue e terrore, senza focalizzarsi mai nei confronti di un’altra piaga dalla stessa purulenza. Bisogna restituire dignità alla memoria, alla storia; quella disinteressata, non faziosa e dunque vera, pura.

Cancellare la scritta “Mussolini Dux”, vietare qualche “santino” o abbassare un braccio teso, e mantenere o, ancor peggio, continuare a intitolare vie in ogni centro abitato italiano a quel che fu il numero due del Komintern - secondo solo a Stalin, di cui era servile esecutore - un autentico criminale, nemico dell’umanità, esponente del più bieco, mostruoso e sanguinario comunismo, dal nome di Palmiro Togliatti, è qualcosa che provoca in me sgomento e collera. Un boccone amaro dal sapore di indigeribile ingiustizia. Perché è la consapevolezza di vivere in un Paese che ricorda la storia a proprio piacimento; che di una stessa medaglia condanna una faccia e ne assolve – ancor più, ne celebra! – l’altra. Vedere accostato il nome di Togliatti a quello di Benedetto Croce nelle vie urbane è orrore allo stato puro.

Un Governo che, in un momento cruciale come quello che stiamo vivendo, pensa a sfornare leggi dalla puzza di doppione – invece di preoccuparsi di problematiche reali, ma soprattutto ben più attuali, cercando di traghettarci e consegnarci, si spera con il minor numero di lividi possibile, alla prossima legislatura – non è un Governo giusto, che ha a cuore le sorti di questa Italia, tanto bella quanto disgraziata.

Una legge elettorale sana, in grado di garantire stabilità e continuità a chi spetterà l’onere e l’onore di suonare la campanella a Palazzo Chigi; un’illuminata legge di bilancio; una saggia e liberale decisione sul biotestamento; l’abolizione dei vitalizi o una riforma della giustizia degna di uno Stato di diritto. Dopo nove anni (nove!) Clemente Mastella è stato assolto per tutti i capi di imputazione – “induzione indebita a dare o promettere utilità” – con formula piena, perché il fatto non costituisce reato e perché il fatto non sussiste. Accuse gravissime che costrinsero lo stesso ex Guardasigilli a lasciare la propria carica dopo un avviso di garanzia e l’arresto della moglie Sandra Lonardo, all’epoca dei fatti presidente del Consiglio regionale della Campania. Il caso Mastella gode della visibilità inevitabilmente assunta grazie alla celebrità del personaggio in questione; tuttavia, in Italia, un qualsiasi “Tal dei tali” ogni giorno subisce simili danni giudiziari. Riflettere e agire. Su questo. Di ciò dovrebbe occuparsi un vero Governo; di un giovane o di un adulto disoccupato, di un uomo rovinato dalla lentezza della magistratura o di un qualunque deejay Fabo che, senza più speranza, poiché immobile e cieco al letto, vuole porre fine alla propria vita. Non di un Duce morto e sepolto. Da settantadue anni.

Aggiornato il 18 settembre 2017 alle ore 12:25