LA CORSA DI BATTISTI È FINITA, QUELLA DELL’ITALIA PIÙ IPOCRITA ANCORA NO

Fa male in uno stato di diritto constatare che coloro i quali, teoricamente, dovrebbero essere i primi custodi della salvaguardia di tale irrinunciabile forma di stato, i paladini di una giustizia giusta (amica e non nemica) siano, in realtà, i primi attentatori di essa. Il video girato dall'attuale ed improponibile Ministro di Grazia e Giustizia è qualcosa di raccapricciante, a maggior ragione se contestualizzato al giorno d’oggi, quando la garanzia di tale principio dovrebbe essere ormai conquista assodata, da difendere quotidianamente, ma comunque appurata. Un filmato che farebbe invidia persino a Robespierre. È avvilente ancor più perché ad averlo creato e condiviso non solo è il Guardasigilli italiano ma anche un avvocato, un giurista, colui dunque che meglio di chiunque altro dovrebbe conoscere l’articolo 114 del codice di procedura penale, che vieta “la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica”. Per non parlare del linguaggio utilizzato dal Ministro dell’Interno. La forma non sempre è sostanza, ma in questo caso per quanto mi riguarda assolutamente sì. “Marcire in galera” è un’espressione da bar, da popolo rabbioso, da fanatici giacobini, al limite da mero leader di un partito che fa del giustizialismo la propria stella polare, non da Ministro, ossia da colui che rappresenta lo stato (e quindi ognuno di noi), amministrando l’ordine pubblico. Nonostante stia scrivendo ciò, sono comunque lo stesso che, alla notizia dell’arresto in Bolivia del terrorista latitante, è stato felice, felice perché i morti caduti sotto i colpi di Battisti, a distanza di quarant'anni, ritrovano (trattasi pur sempre di una magra consolazione) quella giustizia che gli era stata negata per così tanto tempo, a loro e ai loro familiari.

Nell'immaginario collettivo è diventato il terrorista numero uno nella storia italiana. Sappiamo tutti che così non è. Tuttavia, la spocchia sempre manifestata da Battisti, il pentimento mai arrivato, il suo sputare fango ad ogni occasione utile nei confronti dell’Italia, le sue falsità, il farsi riprendere con il solito ghigno beffardo mentre tra Francia, Messico, Brasile e Bolivia passeggiava impunito sostenuto dall’intellighenzia della gauche, da quella “sinistra al caviale” così ipocrita, sicuramente hanno fatto sì che diventasse il più antipatico, il più squallido degli ultimi anni. Ha commesso dei reati, i più gravi, ed allora scontare la sua pena è l’unica soluzione. Sono contrario al “fine pena mai”, da semplice appassionato a questi temi prima e da giurista adesso, ho sempre provato umana paura e profondo disgusto per tale frase, essendo nato e cresciuto fieramente garantista, ma è così che funziona l’ordinamento giuridico italiano e dunque non resta che adeguarsi. Ma finisce, o meglio sarebbe dovuta finire qui. Perché oltre al consegnare un individuo agli organi ed alle strutture preposte non si doveva proseguire. La spettacolarizzazione, in un mondo ormai solo social e reality, è stata disgustosa. Una pagina che non fa onore né al nostro paese né alla classe dirigente che attualmente lo governa. La diretta da Ciampino dell’arrivo del Falcon 900 con a bordo il terrorista di quel che furono i Proletari Armati per il Comunismo, è stata chiaramente una strategia studiata a tavolino per cercare qualche voto in più. Piano che potrebbe aver avuto un senso (comunque ignobile) se all’indomani si fossero tenute le elezioni, ma così non è stato, le elezioni non erano programmate e fra qualche settimana nessuno si ricorderà di questo show, rimarrà la consapevolezza che un criminale in latitanza è stato arrestato dalle forze dell’ordine e non dai ministri che in totale trance aspettavano l’atterraggio del velivolo con il cellulare ben saldo in mano, sbracciando più di un controllore di volo, e poco altro.

Ciò nonostante, ancor più del fanatico protagonismo di due membri del Governo, a provocarmi rabbia e ripugnanza è l’ipocrisia di tantissimi, dei tantissimi sinistroidi che adesso gridano allo scandalo per il trattamento adottato in tutta questa vicenda mentre prima o partecipavano direttamente o esultavano indirettamente per azioni ancor più vergognose nei confronti di altri cittadini italiani, celebri al pari di Battisti ma non assassini come lui. E allora la mente mi riporta indietro nel tempo, agli anni in cui veniva osannato un fanatico folle che lanciava una statuetta del duomo di Milano contro l’allora Presidente del Consiglio, si scendeva in piazza per lanciare monetine a Craxi (un gigante rispetto alle formiche che attualmente governano questa Nazione), si gioiva ad ogni avviso di garanzia emesso, gridando già alla colpevolezza, calpestando dunque la sacra presunzione di innocenza e le vite e la dignità di tantissime persone e dei loro cari. Addirittura non si provava vergogna, ad ogni maledetto suicidio indotto dalla pressione meschina di una parte ignobile di magistrati e da una incessante nonché criminale gogna popolar-mediatica. È un dato di fatto che il popolo sia pericolosissimo, perché non ragiona, è facilmente influenzabile e non conosce limiti alla barbarie che può creare. Sospinto dai dibattiti e dai giudizi televisivi, dalla mala informazione, dagli stessi politici e dai loro slogan, quando innescato si tramuta in una macchina di odio cieco e distruttivo che può portare a conseguenze irreparabili. Ebbene, questo stesso popolo che un tempo fu protagonista delle vergognose pagine appena rimembrate, è ora l’agnellino che, compatto, si schiera a favore di un individuo, Cesare Battisti, assassino di persone innocenti, gridando allo scandalo di fronte ai comportamenti inscenati da alcune istituzioni successivamente all’arresto del medesimo terrorista. Subdola gentaglia senza vergogna alcuna, e nulla più.  Abbiamo da un lato un popolo garantista soltanto con chi è suo amico, affine di pensiero e dall'altro lato una classe dirigente inadeguata: gli ingredienti migliori per una pietanza catastrofica.

La corsa di Battisti è arrivata al capolinea, in una cella nel carcere di Oristano, senza né mirto né pane carasau e probabilmente neppure il pentimento arriverà mai, mentre la corsa della parte più ipocrita dell’Italia ancora no e, ove dovesse mai finire, ci sarà comunque poco da esultare perché l’urto potrebbe essere così tanto fragoroso da essere indimenticabile.

 

Aggiornato il 21 gennaio 2019 alle ore 15:55