Marco Bucci: lei è un “nuovo” in politica. Cosa l’ha spinta a candidarsi sindaco di Genova?
Pur non avendo avuto mai esperienza diretta in politica, ho vissuto e vivo questa candidatura come spirito di servizio verso la mia città. Il centrodestra mi ha generosamente offerto questa opportunità, dando fiducia a un indipendente. Una scelta coraggiosa che non poteva essere ignorata. Con grande responsabilità abbiamo creato un progetto comune e per questo motivo ho scelto di mettermi a disposizione della coalizione.
Da qualche tempo il centrodestra ha aperto un dibattito sul ruolo dei civici e degli indipendenti nei partiti. Da Stefano Parisi ad Alfio Marchini, qual è il valore aggiunto di profili come il vostro?
Sicuramente chi proviene dal mondo manageriale o dell’imprenditoria ha dalla sua un’esperienza “aziendale”, che può applicare al governo della città. Io vedo la città anche come una piccola azienda, ci sono i costi, le spese, il governo e gli azionisti, che sono i cittadini. L’approccio aziendale è orientato proprio in questa direzione: soddisfare i dipendenti, che è la Pubblica amministrazione, i soci di maggioranza, che sono gli enti locali, come Regione e Stato centrale, e soprattutto gli azionisti, che sono i cittadini. Questo approccio non può comunque prescindere dalla politica intesa come gestione della cosa pubblica. Nella mia squadra ci saranno sia persone provenienti dal mondo strettamente politico, che conoscono e vivono da sempre i problemi dei cittadini e interpretano i bisogni dell’elettorato, sia persone provenienti dal mondo civico, industriale e delle associazioni.
Come è cambiata, se è cambiata, Genova in questi ultimi vent’anni?
Purtroppo Genova non è mai cresciuta. La disoccupazione è molto alta, le partecipate creano milioni di euro di debiti, abbiamo perso quasi 200mila cittadini, posti di lavoro, attività. Inoltre è emerso il problema della sicurezza e del degrado, che purtroppo non è mai stato affrontato e risolto dalle giunte di centrosinistra che hanno governato fino a oggi.
Quali sono le sfide aperte?
Una delle prime sfide riguarda senz’altro il tema dei costi della città e delle partecipate. Le partecipate sono aziende a tutti gli effetti e come tali vanno gestite: rappresentano enormi opportunità. Non sacrificheremo neanche un posto di lavoro: il mio compito sarà quello di convertirle, senza fare macelleria sociale, valorizzando i dipendenti, ed efficientando costi e performance. Le altre sfide riguardano senz’altro la disoccupazione: vogliamo essere attrattivi per le grandi imprese e portare a Genova 30mila posti di lavoro in cinque anni.
Come è possibile attrarre le imprese in Italia? E a Genova?
Mi piace dire che Genova è la città più bella dove lavorare, vivere e trascorrere il tempo libero. Oggi le grande imprese non hanno bisogno per forza di grandi spazi o infrastrutture, ma di servizi efficienti e di qualità della vita. Andremo dalle imprese, dal management a raccontare le opportunità che la nostra città offre. Non dimentichiamoci della presenza del porto e della posizione strategica di Genova rispetto al resto del Mediterraneo.
Quale deve e può essere il ruolo di Genova in Europa?
Genova può e deve diventare una capitale dell’Europa. Dobbiamo migliorare la rete di trasporti, integrandola con i vari sistemi di mobilità. La Regione ha inoltre creato grandissime opportunità e servizi per il turismo. Anche quello è un settore su cui dobbiamo scommettere e su cui dobbiamo essere competitivi in Europa.
Il laboratorio “Genova” con un centrodestra unito fin dal primo turno potrebbe essere un modello vincente per tutto il Paese?
Senz’altro il nostro “laboratorio”, come dice lei, può essere un buon esperimento per tutto il Paese. Siamo fortunati ad avere in Regione un centrodestra unito e aperto al dialogo, anche con il rispetto delle appartenenze politiche e partitiche. A Genova possiamo vincere anche grazie a questa grande e preziosa unità politica.
Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 14:55