Nel centrodestra il rinnovamento paga

La sorprendente vittoria del centrodestra a Genova è significativa non tanto per l’inevitabile riorganizzazione che il Partito Democratico dovrà per forza di cose mettere in atto, ma più per il significato che assume nella competizione per la leadership che corre tra Toti-Berlusconi.

Il primo ha infatti sostenuto fin da subito un’alleanza trasversale tra partiti, puntando su un candidato nominato dalla Lega, ma a tutti gli effetti civico. Ha inoltre supportato de facto la lista civica di Marco Bucci, che si trovava in diretta concorrenza con Forza Italia, superando lo storico partito di Berlusconi (e di Toti stesso) circa 1.5 punti percentuali.

Questo risultato che comprende la vittoria nelle roccaforti liguri, e la chiara affermazione delle liste “modello Toti”, che da Savona, lo scorso anno stanno via via posizionando sempre più amministratori locali direttamente collegati al governatore ligure. Berlusconi si trova così nella scomoda posizione di aver vinto in una città considerata inespugnabile, ma di non poter apprezzare completamente la vittoria, a causa dell’ambiguità che contraddistingue questo momento storico all’interno del partito.

Può un delfino vincere in tutte le roccaforti rosse, prima la Liguria, poi Savona, poi Genova e poi La Spezia, sostenendo ogni volta candidati e liste civiche e affiancando Forza Italia il minimo indispensabile? Si tratta di un comportamento di lesa maestà o, piuttosto, di una strategia messa in atto in accordo con Silvio Berlusconi? I risultati di Toti sembrano proiettare il governatore verso una inevitabile scalata politica, che potrebbe svilupparsi in due modi: il segretariato politico di Forza Italia oppure la creazione di un nuovo partito, sulla scia delle liste civiche Totiane che a Genova hanno fruttato il 9 per cento e a La Spezia il 5 per cento. Forza Italia ha comunque fatto eleggere diversi amministratori locali, sia nei Comuni che nelle circoscrizioni e municipi, ristabilendo equilibri fino ad oggi inaspettati.

In questa scalata il governatore si troverebbe però davanti ad alcuni inevitabili ostacoli, tra questi, il precario equilibrio che contraddistingue il Consiglio regionale della Liguria (un solo seggio che determina la maggioranza), oltre che al normale impedimento che il governo di una regione comporta rispetto ad un nuovo incarico nazionale.

Il centrodestra, quindi, da oggi dovrà interrogarsi sul suo futuro: la popolazione si è dichiarata inequivocabilmente sensibile al cambiamento: le strategie sperimentate in sede locale hanno largamente funzionato. Se i leader del centrodestra sapranno coniugare il civismo con il partitismo o movimentismo, forse si riuscirà davvero a creare un governo di forze moderate, liberali e unitarie. Al di là delle legittime e reciproche ambizioni, Toti e Berlusconi condividono la stessa visione di rinnovamento della classe dirigente. Il primo ha candidato (quasi) solo volti nuovi nelle liste civiche, il secondo parla ormai da novembre scorso di candidare alla Camera giovani amministratori e personalità che provengano dal mondo delle professioni e del civismo. Un punto in comune che consentirebbe realmente al centrodestra di rinascere e di conseguire una più semplice vittoria sulle forze di sinistra.

Non sappiamo se Toti, superata questa fase, passerà all’incasso richiedendo un ruolo nazionale all’interno di Forza Italia, sappiamo, per certo, che l’esperimento sul territorio non solo ligure ma di tutti i comuni, ha portato nuove energie al centrodestra, che ora, potrà davvero dire di essere ripartito.

Aggiornato il 27 giugno 2017 alle ore 12:02