“Partito della Nazione”:   è ora di dirsi addio

Dopo il quattro dicembre a molti che si erano battuti per il “No” a viso aperto e senza tentennamenti, condizioni e alibi, è stato rinfacciato di non aver ottenuto niente, che tutto era rimasto come prima e che il loro impegno era stato frustrato.

Discorso più stupido che sbagliato. Certo non in buona fede. La vittoria del “No” è stata la vittoria contro una svolta autoritaria, per il fatto in sé di ciò che era la riforma balorda respinta dal voto popolare. Avendo io insistito in tutti i modi per respingere la priorità data ai significati “impliciti” asseritamente salvifici e “innovatori”, aver potuto in sostanza, bloccare un “Sì” che avrebbe deturpato la democrazia di questa nostra Repubblica, era risultato clamoroso, tale che non richiedeva ricadute, quali che fossero, per potersi dire positivo. Ma oggi, con quello che sta succedendo nel Pd credo sia impossibile agli sconfitti negare che, anche proprio sul piano delle ricadute e degli effetti indiretti, il voto del 4 dicembre è stato un evento grandemente positivo.

Matteo Renzi può restare o andarsene. Può cacciare la minoranza o tenersela. Può perdere o vincere il Congresso del Partito Democratico. Ma una cosa è certa: il suo progetto di “Partito della Nazione”, con quel che implicava e comportava, è fallito. La mancanza di iniziativa, di coerenza, di idee del resto della politica italiana potrà comportare la sopravvivenza del Pd, dimezzato o unito, come partito ancora egemone. Ma esso non è e non può più aspirare ad essere “il partito”, il “Partito della Nazione”, cioè l’organizzazione della soppressione della democrazia, il punto di riferimento della soppressione delle libere istituzioni.

Ora, malgrado le apparenze, il vociare, il discettare sulla scissione o non scissione del Pd la parola passa agli altri. E se tacciono, se restano latitanti e dispersi, sarà certo grave la loro colpa e gravissime ne potranno essere le conseguenze. Ma non sarà certo il dimenarsi furibondo di Renzi ad ottenere questo scopo. Renzi ce lo potremo trovare (cioè se lo potranno trovare i giovani) tra i piedi anche a lungo. Ma è uno sconfitto. Il Renzi che abbiamo dovuto temere non c’è più. Vediamo di non crearne noi un altro, dandogli grazia e credito.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44