Angela Merkel va a due velocità

Angela Merkel apre a un’Europa a differenti velocità. Lo ha detto al vertice informale dei capi di Stato e di Governo dell’Ue de La Valletta e lo riproporrà il mese prossimo a Roma, in occasione delle celebrazioni dei sessant’anni dei Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea.

Sembrerebbe un’inversione radicale di rotta rispetto alla linea di tetragona difesa dello “statu quo ante” tenuta finora dalla cancelliera tedesca, ma non è così: non si tratta di svolta e neppure di novità. È piuttosto il riaffiorare della vecchia idea, risalente al lontano 1994, della “Kindel Europa”: un’architettura comunitaria a cerchi concentrici costruita intorno al “nocciolo duro” franco-germanico. Ora l’asse carolingio viene rispolverato e messo in circolazione per esclusivi scopi difensivi. Il governo della signora Merkel ha coltivato il sogno di assurgere a potenza egemone di un sistema che per demografia, assets produttivi e apparati di difesa, ha la dimensione di un player globale. A dispetto degli sbandierati principi di coesione e di solidarietà comunitaria, la Germania merkelliana ha combattuto gli interessi nazionali dei partner suoi diretti competitori. La sua è stata una politica aggressiva e oggi viene messa sul banco degli accusati dallo “Zeitgeist”, lo “spirito del Tempo” che sembra voler imprimere una diversa curvatura alla storia della Globalizzazione. Quindi, nessuna esultanza per l’inatteso atto di generosità. Piuttosto, bisogna chiedersi dove sia la fregatura. Il fallimento della politica di austerity voluta da Berlino è sotto gli occhi di tutti. Come lo è la palese insostenibilità della moneta unica.

Tuttavia non sono questi gli argomenti che hanno fatto cambiare idea alla lady di ferro tedesca. È il mutamento di scenario globale che mette ansia alla signora Merkel. Dopo la Brexit e la vittoria di Trump i sogni di grandezza devono essere ridimensionati mentre diviene prioritario il compito di mettere in sicurezza l’economia del proprio Paese di fronte all’offensiva commerciale preannunciata dall’amministrazione di Washington. “The Donald” non è quel modello di oscurantista contro-riformatore del pensiero liberale che i media descrivono. Ha ragione Giulio Tremonti: c’è molto mercantilismo nell’orizzonte trumpiano. Ciò si traduce nella volontà di favorire la rinegoziazione bilaterale degli accordi di scambio con i singoli Paesi interessati. Se “The Donald” chiama Roma o Parigi vuole avere la certezza che a rispondere, dall’altra parte del filo, non ci sia la longa manus di qualcun’altro. In questo schema non è prevista la legittimazione della primazia del competitor tedesco sul resto d’Europa. La signora Merkel lo ha compreso e per non perdere ulteriore peso nel negoziato con l’altra sponda dell’Atlantico si prepara a blindare, all’interno del contesto europeo, un’area di diretto controllo, lasciando i cosiddetti Paesi periferici dell’Unione al loro destino. Bella roba davvero!

Dopo averli spolpati impedendone di fatto la crescita adesso li scarica. Purtuttavia, nonostante il voltafaccia non sembra intenzionata a rinunciare alla presa sui sacrificati. Sarà ancora Berlino a fare la classifica dei buoni e dei cattivi? Chi detterà le regole per le due diverse aree valutarie? E l’Italia, dove sarà? Piuttosto che occuparsi delle crisi di nervi nel Partito Democratico, i politici nostrani dovrebbero applicarsi a studiare quali modelli valutari siano più convenienti per gestire al meglio la fase della fine della moneta unica. Far trovare il Paese impreparato di fronte al nuovo scenario significa subire le altrui decisioni come fu nel 2011. Con una sostanziale differenza: allora la gente non capì cosa stesse accedendo. Oggi il popolo sa, perché ha pagato di persona il prezzo dell’essere stati consegnati a un potere ostile da una classe politica serva e complice di forze aliene, niente affatto occulte. Ha ragione chi dice che, questa volta, le elezioni in Italia le vincerà non chi si affanna a darsi la legge elettorale più conveniente per le proprie tasche ma chi presenterà i piani migliori su come uscire dall’Euro senza rimetterci le penne.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:46