Gentiloni non reagisce allo strangolamento tedesco

All’unanimità i giornali tedeschi hanno promosso la scelta di Paolo Gentiloni, perché sarebbe meno recalcitrante del suo predecessore (Matteo Renzi) sotto strangolamento. Anzi, resterebbe immobile al soffocamento. Un modo sbrigativo per dirci che l’attuale inquilino di Palazzo Chigi non intende opporsi in alcun modo alle politiche dell’Unione europea, e nemmeno criticare la Bce e la Bundesbank.

In un primo momento, all’indomani della sconfitta referendaria di Renzi, i giornali tedeschi avevano descritto uno scenario catastrofico, paventando anche la necessità di un default tecnico e pilotato del belpaese. Ad aiutare la stampa tedesca ci si erano messi anche gli inglesi benpensanti (quelli anti-Brexit), ovvero il Wall Street Journal ed il Financial Times, che hanno sentenziato che “ben otto banche italiane si troveranno sull’orlo del baratro qualora vincesse il No, e necessiterà pilotare il fallimento dell’Italia”.

Ora c’è Gentiloni al posto di Renzi: personalità più riservata, apparentemente poco incline a dircela tutta. Per Jens Weidmann (numero uno della Bundesbank, banca centrale tedesca) intervistato dal Frankfurter Allgemeine Zeitung am Sonntag (edizione domenicale del quotidiano di Francoforte), “si deve essere scettici nei confronti della linea di politica monetaria perseguita da Mario Draghi, governatore della Banca centrale europea, non sarà certo la linea espansiva a tirar fuori l’Italia dalle difficoltà e debolezze strutturali”. Di fatto la Germania è contraria alla politica della Bce, ovvero l’acquisto dei titoli di Stato per facilitare la ripresa. Per Weidmann la via per l’Italia deve essere solo “un rigoroso risanamento delle finanze”. Di fatto la Germania ha mandato un messaggio inequivocabile a Gentiloni: “Chi governa l’Italia deve continuare a fare i compiti, ovvero dimostrare che gli italiani stringono la cinghia”.

Gli osservatori tedeschi si lanciano anche a facili accuse: secondo loro gli italiani tutti persevererebbero in una vita al di sopra delle loro possibilità, e tra gli indicatori notati dai tedeschi ci sarebbero anche le foto che l’italiano comune pubblica su Facebook. Da quegli scatti emergerebbe che anche l’uomo di strada italiano viva come un vip, vesta come un vip e si goda la vita solo come altrove è concesso alla cosiddetta gente che conta. Tutte verità o c’è sotto la solita arte d’arrangiarsi che rende unici gli italiani? Se uno dovesse valutare i nostri connazionali da ciò che pubblicano su Facebook emergerebbe certo un’immagine falsata del Sistema Paese, ovvero che tutti cenano nei migliori ristoranti, che girano in Porsche e Ferrari, che vestono con le migliori firme e che risiedono in dimore principesche: ma all’osservatore più lesto non può sfuggire che nel 90 per cento dei casi si tratti di millantatori, di finzioni, di scatti rubati durante sfilate, intrufolandosi nelle feste dei vip, facendosi fotografare a tavole dove non si è stati invitati. È tutta una recita, roba da “magliari italiani” (come dicono ad Amburgo), ma agli italiani piace fingere, perché è un modo tutto nostro per sfuggire alla povertà.

Certo, di queste trovate un tedesco non sarebbe mai capace, ma questo non potranno mai capirlo né Jens Weidmann né tantomeno il ministro delle finanze tedesche, Wolfgang Schäuble. Anzi, per quest’ultimo la procedura di fallimento della nazione italiana andrebbe iniziata, restando solo da decidere se metterci dentro solo il patrimonio pubblico o anche quello privato dei suoi cittadini. Ma c’è da registrare anche il tentennamento di Weidmann, che ha detto di “non escludere l’opzione del salvataggio pubblico delle banche italiane, perché vi sono azionisti da tutelare in modo particolare, e per ragioni politiche”: ovviamente allude agli investitori tedeschi che hanno “azzardato” investendo nel sistema bancario italiano. E per loro il governatore della Bundesbank parla di “azionisti che avevano scelto profili di acquisto prudenti”. Per tutti gli altri casi, Weidmann sottolinea che non ci sarebbe comunque “la necessità di allentare le norme che regolano il bail-in”.

Di fatto a Weidmann, a Schäuble, a Werner Sinn (ex capo dell’Istituto di studi economici Ifo di Monaco di Baviera) non importa un fico secco della crisi nell’eurozona, loro badano solo che la Germania non ci rimetta. Soprattutto, stanno valutando come prendersi i patrimoni italiani con pochi spiccioli, al pari di come fecero in Turchia durante l’epoca guglielmina, e di come hanno recentemente operato in Grecia (si rammenti il passaggio in mani tedesche di porti, aeroporti e villaggi turistici). Ci stanno strangolando, ma Gentiloni ci fa morire in silenzio, in maniera composta, da gentiluomini.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:45