Prigione e dossier nella tecnocratica Europa

Quali limiti porrà al cittadino l’Unione europea? Soprattutto è possibile convincere i cittadini che il controllo e la diminuzione delle libertà individuali sarebbero il prezzo necessario da pagare per garantire la sicurezza europea? Ci poniamo un po’ tutti queste domande, anche e soprattutto all’indomani della vicenda italiana dei “dossieraggi”. Anche perché l’Unione europea prossimamente si porrà il problema di decidere se lasciarci tutti liberi di godere della nostra privacy, o di accelerare sul giro di vite della tracciatura continua del cittadino per motivi fiscali, bancari, sanitari, lavorativi, ecologici.

Ovviamente potrebbero esserci varie sfumature tra la gabbia e la piena libertà. Nel frattempo, gli enti locali italiani, più che fedeli al verbo “tracciaturista” inaugurato nell’era Covid, hanno installato, grazie a ben noti fondi Ue, i sistemi di sorveglianza biometrica di massa: telecamere collegate a computer che, nei luoghi pubblici, catturano le facce delle persone, le identificano e possono in tempo reale incrociare i loro dati bancari, fiscali, giudiziari e di pubblico registro automobilistico e nautico. In parole povere, ne sanno più del finanziere Striano e del giudice Laudati. Ne deriva che costruire qualsivoglia dossier su un qualsiasi cittadino, per iniziare un percorso “legale” che lo privi del diritto di lavorare o di possedere beni e risparmi, è più semplice di quanto si possa immaginare. E non è necessario vincere un concorso pubblico in un corpo di polizia o in un’arma, oppure in magistratura o in agenzie fiscali, per avere accesso a dati e costruire carteggi che mandino in malora la vita di cittadini a cui il potere ha girato le spalle.

Si stanno diffondendo in maniera sempre più capillare, in tutta Italia come nell’Unione europea, sistemi di controllo dell’immagine con intreccio di dati: e questo andazzo procede senza intoppi nonostante i tanti pareri negativi delle autorità per la protezione dei dati personali. Non ha sortito effetti di tutela della privacy nemmeno la recente richiesta del Parlamento europeo – non certo della Commissione – di vietare queste tecnologie. Il rapporto Biometric & behavioural mass sourveillance in Eu member stayes pubblicato dal Parlamento europeo è stato totalmente considerato inutile dai professoroni della Commissione. Perché alla Commissione europea garba troppo il sempre più stretto rapporto tra agenzie pubbliche, enti locali, multinazionali finanziarie, energetiche e chimico-farmaceutiche. Questo rapporto ombelicale prevede, per la sicurezza dei grandi investitori planetari, la sorveglianza biometrica di massa e la tracciatura continua del cittadino: sfuggire a controlli e tracciatura diverrà presto un reato penalmente perseguibile.

Anche nella nostra Vecchia Europa spunteranno presto i vari Rambo, per anni sfuggiti al controllo perché pastori, contadini e artigiani dediti a baratti o vendita per contanti dei loro prodotti: su di loro dovranno indagare polizie locali e nazionali nonché agenzie fiscali. Perché le tecnologie di controllo implementate nei perimetri urbanizzati europei non potranno permettersi il costo delle variabili, ovvero del selvaggio misantropo che ha deciso di vivere senza farsi tracciare, senza identità elettronica e “smartphone”: i soggetti che sfuggiranno alla tracciatura assurgeranno a “nuovi banditi sociali”, come aveva già previsto Eric Hobsbawm, che tra l’altro ne aveva stabilito la perfetta linea di continuità con i banditi e briganti nell’Italia post unitaria e post bellica. Di fatto il “rapporto” del Parlamento europeo sottolinea come le autorità statali e la Commissione europea se ne infischino dei problemi di privacy sollevati dalla politica e dalle associazioni dei cittadini. Anzi, in un imminente futuro diverrà un gesto criminale impedire la raccolta di dati per proteggere la nostra privacy. E sempre più cittadini porgono le terga al sistema di controllo del potere, affermando “tanto non ho nulla da nascondere!”.

Non meravigliamoci se un domani dovessimo vedere gettate alle ortiche la nostra vita sentimentale come i nostri innocui passatempo: sarà frutto del certosino lavoro d’un ligio dipendente di corporate di controllo che avrà colto il nostro volto ad osservare una vetrina con la doverosa geolocalizzazione (il nostro browser di navigazione sul web) e poi avrà incrociato tutto con il nostro conto corrente, con i nostri dati catastali e del pubblico registro, il tutto per aggiornare la raccolta dei dati utile a enti locali e multinazionali per aggiornare i dossier delle nostre attività: come lavoratori, risparmiatori, curiosi della vita e del mondo e, soprattutto, “utenti online”. È la sicurezza europea bellezze mie, e l’ipocrisia politica di certi partiti non vuole ammetterne la forza liberticida di queste azioni per non dispiacere ai democratici colossi del web, della grande distribuzione e, soprattutto, della speculazione. Ogni tanto, la minaccia alla privacy di noi gente di strada raggiunge anche i sederini di qualche buona poltrona di potere. Questo succede perché l’accumulo costante di dati e dossier è implacabile: va dal dato banale della spesa quotidiana alla geolocalizzazione dei nostri passatempi. Raccolgono informazioni altamente sensibili, dalla registrazione delle nostre telefonate all’intercettazione delle nostre chiacchierate al bar o a casa d’amici. C’è un vero e proprio monitoraggio fisico dell’individuo.

Infatti, qualora dovesse essere riconfermata Ursula von der Leyen a guida della Commissione, è già noto che una quarantina di sindaci italiani sono pronti ad introdurre i famigerati tre permessi: il permesso di circolazione dei veicoli (che s’aggiunge a bollo, revisione ed assicurazione), il permesso di parcheggio ed il permesso di lavoro. Quest’ultimo sarà possibile grazie alla tracciatura del tempo libero, andando ad individuare hobby come falegnameria, lavori di campagna o restauro ed officina, a cui il sistema darà un valore fiscale: in tal caso il permesso prevedrà una sorta di versamento aggiuntivo all’Inail, e per coprire i costi degli infortuni nei passatempo manuali. Tutto questo sarà possibile incrociando i dati di noi che entriamo nei centri commerciali, ignorando che ci sono lettori automatici delle targhe delle nostre auto: hanno lo scopo di tracciare il traffico nei parcheggi, e di condividere i dati con forze dell’ordine e Agenzia delle Entrate.

E i nostri divertimenti e concerti? E le nostre simpatie politiche? Il dossieraggio è completo: tramite Bluetooth e Wi-Fi viene eseguito il monitoraggio passivo delle persone presenti in eventi culturali e politici, il loro riconoscimento facciale è similare a quello che operano i negozi contro i ladri, con la sola differenza che i dati di chi frequenta concerti ed eventi politici vengono immagazzinati dalle banche di Europol. Per esempio, Facebook raccoglie informazioni sui gusti politici, sessuali, automobilistici e vacanzieri dei vari utenti: certamente condivide equamente i dati con forze di polizia e multinazionali commerciali. Ecco perché è necessario usare i social solo quando strettamente necessari, quindi fare acquisti per contanti, non usare moneta elettronica (bancomat e carte), disattivare la condivisione della posizione su iPhone ed Android, disabilitare l’Id pubblicitario, impedire a Google ed a qualsivoglia servizio di una multinazionale di conoscere il luogo dove ci troviamo.

Ogni smartphone è un localizzatore Gps tascabile, che trasmette costantemente la sua posizione a investigatori privati e polizie. Anche la domotica consente alle società che gestiscono i sistemi di sicurezza informatica domestica di passare ad Amazon, Google ed uffici vari d’indagine sia gli audio che i video registrati dai dispositivi domestici tramite Alexa o i sistemi di dialogo “home”. Dati che, per costruire un dossier completo sul cittadino contribuente, contengono informazioni sensibili che vanno dalle scelte politiche alle convinzioni religiose, dall’identità culturale alle attività sessuali, dall’etnia al livello di istruzione, dalla fascia di reddito alle abitudini di acquisto e salute fisica e mentale (contengono i dati sensibili tracciati attraverso cure mediche e ricoveri). Tutti questi fanno parte dell’impronta digitale, un dossier che segue tutta la vita dell’individuo: elementi che forse un giorno verranno usati per giudicarci o privarci di un diritto.

Lo smartphone è lo strumento di sorveglianza più avanzato al mondo. La sicurezza europea e l’identità digitale, in un futuro di tracciatura continua delle nostre esistenze, lo renderanno obbligatorio. Ed è questa la sfida che i cittadini affidano ai partiti “disobbedienti”, ovvero innestare la retromarcia, tornare ad un mondo di maggiori libertà individuali, bruciando i dossier e ponendo fuori legge lo spionaggio generalizzato.

Aggiornato il 26 marzo 2024 alle ore 10:52