Perfino denunce in malafede (Capitolo 59) - Dicevamo nel capitolo 58, che ogni azione sarà indirizzata a “demolire” chi, nelle riunioni del tavolo del preordino (capitolo n. 23), non ha permesso di pianificare un congresso a lista unitaria. La messinscena congressuale è infatti volta a dare ostentazione di un partito fortemente unito, “sicuramente” arricchito dal dibattito democratico, ma anche dalla presenza di un’intelligente sintesi che sa concludersi nell’unità d’intenti.
È ovvio, indegnamente ovvio, che chiunque non riconosca la posizione politica espressa dalla lista unitaria e dunque non si allinei, potrà essere ostacolato e minacciato; sì, proprio minacciato. Per infamare l’eventuale “disobbediente” di cui nel capitolo n. 43, non è raro che si passino alla stampa delle notizie inventate allo scopo di attribuirgli, per esempio, un caso di tesseramento falso. Non è nemmeno raro che, tra eventuali iscritti critici nei confronti della prepotenza usata nella gestione del partito, se ne demandi qualcuno alla magistratura, con tanto di denuncia e usando perfino dei testimoni conniventi, magari col pretesto dell’accennato tesseramento falso o cose altrettanto vili. Insomma, accade di tutto. Nel prossimo capitolo, giusto per arricchire il richiamo a fatti che sono accaduti e accadono realmente, riprenderemo il racconto delle due signore che erano scrutatrici ma che, arrivate al banco della verifica poteri, non lo sono più.
Considerando invece che proprio il tesseramento falso (vedi capitoli n. 5 e n. 6) sia una prassi del partito demandata ai pacchettari (capitolo n. 18), allora ogni ulteriore parola non può che esprimere pesante biasimo per quanti ritengono di adottare tanti e tali abusi. Dalla lista unitaria, alle liste concordate, alle contrapposte, in questo corso si è dedicato qualche spazio alla descrizione delle diverse tipologie di liste, ma resta il fatto che per i figuri loschi del partito la formula meno gradita sia quella delle liste contrapposte, ovvero di liste sulle quali non è stato possibile piegare l’eventuale o gli eventuali “disobbedienti” alla prepotenza unitaria imposta da certa dirigenza.
Tornando alla diretta del nostro congresso, tanto la democrazia vera quanto la farsa democratica prescrivono che i candidati siano votati, dunque, saranno allestiti all’uopo gli opportuni seggi, con tanto di presidenti, scrutatori e rappresentanti di lista. In genere, ogni lista riporta un motto, ma si tratta spesso di parole così retoriche e ipocrite da essere ridicole. Lo scenario che investe i partecipi, in buona sostanza, comprende la sala congressuale completa di tavolo relatori, podio e platea, quindi la sala stampa, la verifica poteri, i seggi con i relativi addetti, il servizio d’ordine, alcune salette predisposte per incontri ristretti e talvolta d’emergenza, l’ufficio di segreteria del congresso e una serie di ammennicoli che sono utili per fronteggiare qualsiasi tipo d’imprevisto.
Insomma, se nel capitolo n. 13 abbiamo parlato del “motore e i suoi pezzi”, l’occasione del congresso può essere definita come una sorta di motore, dentro il motore stesso del partito.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:26