Partito Radicale: assalto alla diligenza

L’assalto alla diligenza è in corso. Non sotto il sole bruciante di una infuocata Arizona di celluloide, ma sotto il cielo di Roma, qualche giorno fa illividito dal terremoto, poi rasserenato da un sole pallido e freddo.

Non c’è la musica del maestro Ennio Morricone - che da sola evoca i duelli cinematografici più famosi - bensì l’avvicendarsi di voci umane, le più diverse, durante Congressi e convegni in successione. Dapprima il XIII Congresso dell’Associazione Luca Coscioni (Napoli, 30 settembre -2 ottobre) aveva registrato la voce di Marco Perduca, col suo stile da assise internazionale con sfumature ironiche, nella lettura della mozione generale, a prima firma Filomena Gallo, poi approvata all’unanimità dall’Assemblea. Perduca aveva cominciato la lettura definendo la mozione “snella ma non brevissima” ed il ritmo della lettura era andato accelerando man mano che la voce accusava stanchezza. Il penultimo periodo del documento era stato onorato di un ritmo leggermente più scandito e solenne: “Il Congresso infine prende atto della mozione approvata dal Congresso del Partito Radicale nel settembre scorso, che tra le altre cose prevede la sospensione di parte dello Statuto del partito, quella relativa ai soggetti costituenti, non include gli obiettivi dell’associazione negli obiettivi da perseguire e non include i dirigenti dell’associazione negli organi dirigenti provvisori del partito. Ribadisce l’importanza del connotato radicale transpartitico transnazionale per il perseguimento degli obiettivi dell’associazione e impegna gli organi dirigenti a ricercare su queste basi sinergie anche con altri individui e associazioni, a partire dagli altri soggetti della cosiddetta galassia radicale”.

In tal modo la mozione demoliva a colpi di machete dodici anni di lavoro in comune col Partito Radicale (lavoro condotto utilizzando i servizi, i locali, le strutture di via di Torre Argentina 76) e progettava di sostituirsi al Partito Radicale, in solido con altri soggetti della Galassia Radicale, improvvisamente divenuta tanto estranea da definirla “cosiddetta”. Poi venne il convegno della Marianna, all’Hotel Nazionale, proprio accanto al Parlamento, in piazza Montecitorio. Ideato da Giovanni Negri, promosso da personalità di ogni genere e grado, il movimento prospetta una convention universale per risolvere tutti i problemi del nostro tempo e - guarda caso - riecheggia continuamente il nome di Marco Pannella, i princìpi del Partito Radicale, le suggestioni del metodo nonviolento, e si presenta col simbolo della testa di donna con berretto frigio: che fu della Rivoluzione Francese, ma fu anche il primo simbolo del Partito Radicale fondato nel 1955 da Pannella. C’è ancora nell’aria l’eco dell’atto primo e dell’atto secondo di questo assalto alla diligenza, ed è già in corso il terzo atto: il Congresso del Movimento Radicali Italiani, che si è appena concluso. Nella Direzione nazionale del 18 ottobre, pubblicata da Radio Radicale, erano state decise alcune scelte che avrebbero dovuto trasformare il Movimento Radicali Italiani da “soggetto costituente il Partito Radicale” in un partito a se’ stante deciso a partecipare alle consultazioni elettorali, provvedendo opportune modifiche del proprio Statuto per “normalizzarlo” in base alle norme di legge, allo scopo di iscriversi al Registro dei Partiti. Tutto questo era in linea con quanto accadeva già da un paio d’anni: ogni parola dei dirigenti del Movimento portava ad una studiata identificazione di Radicali Italiani come erede diretto della storia radicale, in sostituzione del Partito Radicale di Marco Pannella nato nel 1955.

Radio Radicale, fedele al suo principio di “Radio di tutti e per tutti”, ha trasmesso integralmente in diretta audio-video tutti i lavori del Congresso di Radicali Italiani, che potranno essere riascoltati da chiunque, sul sito www.radioradicale.it. Grazie alla “diretta” abbiamo assistito a un mutamento di rotta rispetto alle scelte della Direzione nazionale, un mutamento che non è venuto maturando nel corso del dibattito, ma evidentemente è nato nella notte precedente la presentazione e votazione dei documenti, durante la riunione di Direzione.

La mozione generale approvata dal Congresso demanda a successive decisioni del Comitato la questione delle modifiche statutarie, e non delinea alcuna delle trasformazioni di cui si era dibattuto in Direzione. La mozione impegna il movimento non solo su tutti i temi propri del Movimento, ma anche sulle iniziative del Partito Radicale: stato di diritto, diritto alle informazioni, denuncia delle violazioni del trattato europeo, perfino l’esposto alla Corte dei conti sul danno erariale e la partecipazione alla Marcia del 6 novembre per l’Amnistia e la Giustizia, da Regina Coeli a San Pietro, indetta e organizzata dal Partito Radicale Transnazionale e Transpartito. È il collaudato metodo detto – in politichese romano – della “mozione inzeppata”. Il “new deal” non è scaturito dal dibattito, che ha allineato critiche severe, insulti e qualche ironia nei confronti delle persone cui il 40esimo Congresso Straordinario del Partito Radicale ha affidato un compito preciso: raccogliere almeno tremila iscrizioni entro il 31 dicembre 2017 e rinnovate nel 2018, partendo dalla Marcia di domani.

Che cosa è successo, dunque? Semplicemente, il Congresso è stato convinto dall’intervento di Emma Bonino, mentre era stato infiammato poco prima da un Gianfranco Spadaccia furente contro Maurizio Turco “e seguaci”, che egli ritiene colpevoli di appropriazione di tutto ciò che “deve invece esser condiviso anche con tutti gli altri Radicali”. La Bonino ha dichiarato che continuerà ad iscriversi al Partito Radicale Transnazionale e Transpartito; ha esortato ad iscriversi tutti, e a procurare altri iscritti, in modo da raggiungere i tremila richiesti dalla “Mozione di Rebibbia”. Ha concluso, tra scroscianti applausi: “Appuntamento fra due anni, quando convocheremo un altro Congresso straordinario e ci riprenderemo il Partito”. Nel mio piccolo, non ho mai pensato a possedere il Partito Radicale, ma piuttosto a servirlo, per quasi mezzo secolo... Tuttavia va bene anche questo; ora non resta che augurarsi che quelle di Emma non siano soltanto parole: se saranno raggiunte le tremila iscrizioni richieste dalla Mozione del 40esimo Congresso ci confronteremo di nuovo, e ci conteremo in una competizione faccia a faccia, senza furbizie di stampo partitocratico come quella appena descritta: e sarà democrazia. Anch’io do un appuntamento a tutti: domenica 6 novembre, fra poche ore, tutti in marcia da Regina Coeli a San Pietro, per chiedere amnistia.

 

(*) Militante del Partito Radicale, presidente dell’Associazione Amnistia Giustizia Libertà Abruzzi

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54