La nuova difesa della razza femmina

Il tipico giornaletto free da metro, made by grandi giornaloni del Paese, ha un formato ancora più piccolo del tabloid, pesa ancor meno, ha scarsa foliazione a parità di grandangolo pubblicitario. È la lettura non preferita, ma unica per milioni di pendolari extra ed urbani. Ed è per loro l’unica lettura, quasi sempre, su carta.

Lo sguardo distratto del lettore spesso non va oltre i titoli, caratteri cubitali assimilabili alle figure. Vi trova una nenia sempre uguale, noiosa e ipnotica fatta di notizie incredibili. A cominciare dal titolone, per il Papa ammissibile la donna prete o quasi. In gay signo, o premier, vincerai. Tre giorni di feste e maratone per proteggere dalle malattie il decoltè, ornato e rifatto in tutti i modi tranne che per il concepimento, assolutamente, demodè.

A Cannes la Roberts promette, mai Trump presidente. C’è anche la rima. Dalle attrici alle presidentesse, una in Germania scopre che il netturbino abusava dei bimbi rifugiati. L’altra presidentessa viene sospesa e subito il Brasile è nel caos. In tivù per i migliori anni sbuca la Pavone. La Coppa America è riassunta in maternità e ritorno della D’Amico. Tanti candidati ma tutti ascoltano la sedia vuota di Virginia, quella che ti serve. In carenza di nuovi stupri si ricicla il professore, alias padre albanese, che ricorda la figlia violentata. Ed a ruota tutti i casi, uno all’anno dal piazzale Clodio fino alla Reggiani. In cronaca, è stato il figlio ad ammazzare i genitori.  

Il giorno dopo, prosecuzione invereconda dell’onda sempre uguale a se stessa. Viva le unioni civili che le altre sono incivili. Viva il boom di studenti stranieri, anche per loro 500 euro. Assolto il giornalista gaio che picchia il poliziotto. La grande figlia di un grande tuffatore vince l’oro ai tuffi. La ragazza stuprata sceglie Twitter invece di Facebook per mandare in diretta il suo suicidio. Se ne sono andate Valeria e Micaela; erano sole, sbagliate, forse cozze. Ora sono cineprotagoniste a Cannes se non le bloccano a Ventimiglia. La ex occupante del Valle portata in trionfo per il romanzo sul barbone conosciuto alla Caritas, unico legionario che attiri simpatia.

Si vede che non ci sono notizie giuste. Dopo soli 5 anni c'è la prima sentenza per la devastazione violenta di piazza San Giovanni, scatenata in pieno furore antiberlusconiano. Dato il filmato in diretta, il caso era evidente. Finisce a 4 anni cadauno (la metà poi in appello) per i 15 condannati che non sconteranno niente data la condizionale. Il titolo, poverino soffre di elefantiasi, tondeggiando su 60 anni di carcere. In mancanza di violenze giuste, tocca allo stupro del detenuto di Rebibbia compiuto dai due romeni compagni di cella.

Spazio ai commenti, si può scegliere tra Donne che sopportano troppo dagli uomini e Femminicidio una parola che serve. Poi, via via, un giorno dietro l’altro, altro giro, altro giornale leggoebutto. Si moltiplicano parole e concetti inesistenti. Foto, firme, notizie di donne. Motivazione, alzano l’audience. Non per i testi però, una cronaca nera che si fa rosa e poi rossa. È la nuova Difesa della razza, stavolta femmina, dove buoni e cattivi non sono più divisi da colore e fattezze ma dal gender.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:49