La lettera di replica all’ex magistrato Tinti

Con un articolo uscito sul “Fatto Quotidiano” l’ex magistrato Bruno Tinti, oggi felicemente ospitato tra gli avvocati del foro di Roma, ironizza sui reali motivi della protesta di coloro che egli ha scelto come nuovi colleghi (siamo gente generosa ed apriamo le porte ai transumanti della professione, ai migranti della toga).

Com’è noto la Camera Penale di Roma, che riunisce i penalisti della Capitale, ha deciso di reagire duramente alla decisione del Tribunale che celebrerà “Mafia Capitale” di ricorrere massicciamente ed indiscriminatamente alla videoconferenza.

L’articolo di Tinti dimostra che la sicumera dell’uomo è pari alla sua ignoranza dei fatti e direi dei processi di criminalità organizzata. Quello denominato “Mafia Capitale” è un processo verso 50 imputati di cui uno solo al 41 bis (e non “alcuni” come il Tinti, male informato, sostiene). L’uomo che ha vissuto gran parte della sua carriera in una dimensione raccolta ed un po’ periferica ignora che a Roma si sono celebrati nelle aule ordinarie e senza videoconferenze processi come Moro, Anonima sequestri, Cirio, Fastweb, alla presenza di un numero maggiore di imputati anche detenuti. Quanto all’incidenza della modalità a distanza sui diritti di difesa financo il membro del Csm, Morosini, magistrato che il Tinti sicuramente stima, ammette le “obiettive interferenze” della modalità in videoconferenza sul diritto di difesa. Osservazione, questa, ovvia: si pensi a difensori e difesi collocati a centinaia di chilometri gli uni dagli altri e con possibilità di comunicare via telefono collocato in aula e senza garanzia alcuna di riservatezza.

Il Tinti, da poco approdato al magistero difensivo, fantastica di sostituti collocati accanto al cliente dimostrando come ancora debba maturare la necessaria esperienza alla professione di avvocato. Come sovente capita ai transfughi della toga, egli, commentando qualche pur bravo collega (che sarebbe meglio meditasse prima di rilasciare dichiarazioni), esprime l’idea tipica di molti ex magistrati che la vera molla della protesta sia di natura economica. Ma sul punto capisco che ognuno nello scegliere, come lui, di fare l’avvocato, segue le motivazioni e le aspirazioni che gli sono più consone. E noi avvocati le (legittime) aspirazioni degli altri le rispettiamo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:27