Tecnologie e disoccupazione?

È necessario e indispensabile provare ogni via per risolvere la situazione economica, fondamentalmente legata all’occupazione. Avremo una maggiore produttività e più investimenti: tutto ciò comporta accresciuta occupazione? Investimenti e innovazioni tecnologiche produttive non arrecano occupazione certa, penetriamo in una vicenda sociale sconvolgente: più investimenti, più produttività possono non suscitare maggiore occupazione.

È bene chiarirlo: investimenti e produttività aumentata non di certo suscitano una crescita dell’occupazione.

Le tecnologie anti-occupazionali sono la novità del sistema produttivo, un territorio esplosivo, ne ho scritto e ne scriverò. È, ripeto, la novità della nostra epoca e pongono in dubbio il principio cardine del capitalismo: maggior profitto maggiore occupazione per il maggiore investimento del profitto. No. Il profitto non comporta un necessario investimento occupazionale, se è volto a tecnologie disoccupative.

C’è un compito dello Stato nell’economia o deve imporsi il principio assolutizzato dell’economia privata? Meglio non farne questione netta. Quando è il caso, lo Stato può intervenire come imprenditore o del tutto o parziale, basta non sia un rifugio presunto delle difficoltà di un sistema economico, un esborsatore a fondo perduto, un soccorritore improduttivo o asservito ai partiti.

Ma sono premesse, queste, va detto che le nuove tecnologie sono portentose e lo saranno sempre di più. E non si tratta della tanto vociferata transizione verde, non si tratta di energie rinnovabili, anche se le energie rinnovabili possono decurtare i costi e favorire ulteriori investimenti: risanare l’ambiente, processi molto lenti e non sempre limpidi, processi che si compiranno se c’è profitto. L’innovazione è il fondamento del capitalismo, fornisce al consumatore un prodotto più avanzato.

Ma torniamo alla questione essenziale, ossia l’occupazione: non sappiamo se questo rigoglio inventivo sia catastrofico. Si dichiara che avremo nuovi posti di lavoro nei campi nuovi ma non si dice quanti ne perderemo nel campo vecchio. Del resto, non è che sono evenienze che si possono definire facilmente. Qualcosa va detto: la digitalizzazione, il lavoro da casa, le vendite on-line, la robotica inficeranno molti luoghi di aggregazione, come le fabbriche. E non sappiamo gli effetti anche sul terreno psicologico.

Evidenzio, però, una prospettiva rilevantissima. In vari articoli ho connesso la tracciabilità alla salute, un individuo monitorato non per sorvegliarlo ma per valutarlo nelle condizioni sanitarie. Una malattia, una epidemia fin dall’origine percepite: oggi è possibile controllare ogni individuo anche nel suo stato di salute a distanza. Certo, si rischia un controllo assoluto del soggetto, ma avremmo un cittadino tutelato nella salute e non vivremmo quanto abbiamo vissuto.

I pericoli per la libertà ci sono, saremo conosciuti capillarmente: sono oculate persuasioni, le abbiamo sperimentate nella pandemia odierna. Mai è stata ottenuta una obbedienza come l’attuale. Eppure, qualche vantaggio dobbiamo trarlo da questa società prossima. A Milano sta sorgendo un centro che permetterà di conoscere lo stato di salute di ogni cittadino. Io lo immaginavo che quel che immaginavo era attuato o stava per esserlo. Non aggiungo altro. Soltanto una cosa: avremo tempi micidiali e grandiosi. Se siamo capaci di scegliere, scegliamo la grandiosità.

Aggiornato il 01 giugno 2021 alle ore 13:48