Dalla parte del carnefice

Tanto livore in un solo uomo ha dell’incredibile. Il signor Nicola Pedde, direttore dell’Institute of Global Studies, in un articolo dal titolo “Gli attentati in Iran e la grande ipocrisia dell’Occidente”, apparso su Huffpost il 7 giugno, trotta lancia in resta contro i Mojahedin del popolo (Pmoi), principale gruppo del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (Cnri), coalizione democratica di opposizione al regime islamico al potere in Iran. Intanto non si comprende quale sia l’oggetto del suo contendere e cosa sia l’oggetto del suo accanimento.

Il regime iraniano ha dichiarato che gli attentati del 7 giugno a Teheran sono stati compiuti dall’Isis, lo Stato islamico li ha rivendicati; allora cos’è l’isteria che Pedde rovescia contro un gruppo dell’opposizione al regime teocratico iraniano? Pieno di livore non comprende neanche che in questo momento al regime iraniano convenga essere vittima di Daesh, a prescindere dalla veracità delle rivendicazioni che in questi casi, vanno prese sempre con le molle. L’analista corre più veloce di Khamenei che non ringrazia!

Tralasciamo le idiozie favolistiche che Pedde esterna sui Mojahedin del popolo. Nulla di nuovo se non la rivelazione - audite audite! - che ora il gruppo iraniano è al soldo dei sauditi. La simbiosi di Pedde con il fascismo religioso iraniano è a tal punto che vorrebbe che anche i governi occidentali facessero agli oppositori ciò che la dittatura sanguinaria iraniana ha fatto nei loro confronti: ucciderli a decine di migliaia, magari impiccarne qualcuno in pubblico, come chiedeva già negli anni ‘80 il suo presidente Hassan Rouhani.

Il Pedde vanta una singolare spregiudicatezza nell’ornare le sue analisi di baggianate senza alcun fondamento, come quando sostiene che i Mojahedin del popolo sono stati “depennati in breve tempo dalle liste delle organizzazioni terroristiche degli Stati Uniti e dell’Unione europea”. Intanto il perché la Pmoi è stata inserita nella lista nera dei gruppi terroristici costituisce un’ampia letteratura che è ben nota a chi conosce fatti e documenti. Fu davvero contraddittorio l’inserimento nella lista dei gruppi terroristici proprio della principale organizzazione che si batte contro un regime riconosciuto universalmente come il padrino del terrorismo internazionale. Quell’inserimento fu perverso, illogico e illegittimo.

Ma la rabbia di Pedde, apparentemente inspiegabile, contro un’organizzazione che da più di mezzo secolo si batte per la democrazia del suo paese, si manifesta anche sul “breve tempo” della permanenza nella lista nera. Per dare un’idea della fondatezza delle affermazioni del signor Pedde, prendiamo proprio il dato oggettivo del “breve tempo”. I Mojahedin del popolo furono inseriti nella black list dell’Ue nel maggio 2002 a suon di miliardi di euro del regime iraniano. Questi condussero una battaglia legale presso i tribunali europei ed ebbero sette sentenze inequivocabilmente a favore, che li riconobbero come forza di resistenza legittima. Finalmente, il 26 gennaio del 2009, l’Ue depennò il loro nome dalla lista nera. I tribunali europei definirono quell’inserimento senza alcun fondamento. Tale fu la cattiva fede dei governi dell’Ue che l’organizzazione iraniana dovette vincere la sua legittima battaglia nella Corte di Giustizia Europea, impiegandoci quasi sette anni. Gli è sembrato breve il tempo.

Negli Usa i Mojahedin del popolo furono inseriti nella black list nel 1997. Gli stessi membri dell’Amministrazione Clinton dichiararono che fu fatto per compiacimento verso Khatami. La Pmoi denunciò il Dipartimento di Stato americano presso la Corte statunitense. La Corte d’appello del distretto di Columbia a Washington il 25 giugno 1999 emise una sentenza nella quale dichiarava che le informazioni fornite dal Dipartimento di Stato non erano convincenti, perché illogiche e prive di alcun fondamento. Anche la Corte federale del Distretto di California, il 22 giugno 2002, bocciava l’inserimento del nome dei Mojahedin del popolo nella black list, in quanto “contraria alla Costituzione degli Usa”. Ma tutte queste voci provenienti da sedi giudiziarie non scalfirono la volontà di una sporca politica di appeasement verso il regime dittatoriale al potere in Iran ai danni della opposizione al regime.

La battaglia democratica e giuridica dei Mojahedin del popolo non si è mai arrestata nonostante l’etichettatura di terrorista rendesse la vita dell’opposizione ardua, fornendo l’alibi al carnefice nel sopprimere molte vite umane. La Corte federale del Distretto di Columbia il 16 luglio 2010 di nuovo decretava che l’inserimento della Pmoi nella black list era una violazione del diritto ed esprimeva dubbi sulle informazioni e sulle fonti fornite dal Segretario di Stato nei riguardi dell’Organizzazione dei Mojahedin del popolo. Visto il ritardo ingiustificato da parte del Dipartimento di Stato sulla cancellazione dalla lista, i Mojahedin del popolo riportarono di nuovo il caso di fronte alla Corte. E il 1° giugno 2012, con una sentenza senza precedenti, la Corte di Appello degli Stati Uniti del Distretto di Columbia “ordinò” al Segretario di Stato di esprimersi sulla rimozione dalla lista. Il 28 settembre 2012 finalmente, dopo quindici anni, il Dipartimento di Stato Usa ha depennato ufficialmente i Mojahedin del popolo iraniano dalla lista delle organizzazioni terroriste. Al signor Pedde è sembrato breve il tempo!

Stendiamo un velo pietoso sull’accostamento che combina Pedde tra il principale gruppo di opposizione al regime fondamentalista al potere in Iran e i Khmer Rossi o le Brigate Rosse. Solo Pedde è capace di paragonare una forza sempre all’opposizione ai Khmer Rossi e uno Stato democratico quale l’Italia ad una dittatura religiosa quale l’Iran. La ridicola accusa è vecchia e logora, come ormai la sua efficacia. La focosa isteria di questo analista, più sciita di Khamenei, gli annebbia la vista e gli fa scambiare le vittime con il carnefice. Nelle sue lamentele nei riguardi di “Occidente ipocrita” dimentica quale sia la culla dell’integralismo islamico, accanendosi contro chi quell’integralismo combatte.

Chi sono i Mojahedin del popolo iraniano? L’Organizzazione dei Mojahedin del popolo Iraniano (Pmoi) è stata fondata nel 1965 per opporsi al regime dispotico dello sciah e instaurare in Iran un regime democratico basato esclusivamente sul suffragio popolare. I Mojahedin del popolo, movimento d’ispirazione islamica, credono nell’Islam democratico e tollerante e perseguono l’obiettivo della democrazia contro il regime religioso al potere in Iran. È noto che i Mojahedin del popolo sono il più attivo e diffuso movimento d’opposizione in Iran, e hanno sviluppato e praticato, in più di mezzo secolo di vita, un’interpretazione democratica dell’Islam, contrapposta al fondamentalismo religioso, e che è improntata in particolare alla valorizzazione del ruolo delle donne. Dal 1985 i loro segretari generali e la loro dirigenza sono formati da donne. Certo è che l’Islam democratico e tollerante dei Mojahedin del popolo è diametralmente opposto alla lettura integralista e questo dà l’alibi agli opportunisti e ai superficiali di etichettarli come marxisti. Se la Pmoi si batte per la libertà, anzi la concepisce come il suo ideale supremo, sa bene che non c’è libertà senza giustizia. Dopo il rovesciamento del regime dittatoriale dello sciah - 1979 - e l’insediamento del regime dei mullà, i Mojahedin del popolo per due anni e mezzo hanno cercato di rivendicare il loro diritto e quello del popolo alla lotta politica in Iran. Durante questo periodo, finché i loro candidati ebbero ancora la possibilità di partecipare alle elezioni, che comunque erano fortemente manipolate dal regime, i Mojahedin del popolo presero milioni di voti, garantendosi un consenso ed un’accoglienza eccezionale tra la popolazione giovanile e tra le donne, appunto per la loro politica progressista. Dopo i massacri dell’estate 1981 e la tremenda repressione seguita, e mai allentata, da parte del terrore khomeinista, furono costretti ad abbandonare il paese e ad esercitare l’opposizione all’estero per denunciare i crimini perpetrati dal regime.

Il Movimento dei Mojahedin del popolo per battersi contro la feroce dittatura religiosa in Iran non ha bisogno del permesso di nessuno, se non dell’appoggio del suo popolo. I variopinti avversari allogeni della democrazia in Iran da sempre, in una simbiosi, talvolta complicata, con la tirannia autoctona, hanno intralciato la lotta libertaria del popolo. La volontà del popolo per cambiamento democratico non sarà certo scalfita da nani analisti che cercano di mistificare i fatti e amplificano le propagande di regime per la soddisfazione dei carnefici al potere in Iran e per il loro companatico.

Aggiornato il 13 giugno 2017 alle ore 12:24