Iran, movimento rivoluzionario in cammino

Sebbene io non sia nato ieri, provo sconcerto nel vedere Ebrahim Raisi parlare dalla tribuna dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Provo incredulità. Sebbene Raisi non conti molto e sia solo l’utile idiota presidente di un regime totalitario, dove il potere è concentrato nelle mani del leader spirituale e del suo cerchio stretto, comunque stava lì a rappresentare il regime iraniano. Un regime malefico e sanguinario che uccide le ragazze e ragazzi che non rivendicano altro che la vita. Ecco Raisi, il responsabile dell’uccisione di oltre 33700 prigionieri politici nell’estate 1988, che stringe la mano al Segretario generale delle Nazioni Unite. Forse le “Nazioni” membri di questa organizzazione logorata avevano l’impellente esigenza di sentire dalla bocca del presidente di un regime dittatoriale e reazionario, da uno con la licenza elementari in tasca, la definizione esatta di famiglia naturale! Oppure volevano sentire proprio dalla sua bocca la definizione di democrazia!  Lui l’ha fatto; Raisi dal pulpito delle Nazioni Unite ha fornito la definizione di cosa sia la famiglia naturale e cosa sia la democrazia. Il mondo postmoderno con il suo “pensiero debole”, probabilmente, ha bisogno di queste lezioni.

Ma qual è lo stato di salute del regime iraniano dopo un anno dalla rivolta scoppiata in seguito alla tragica morte di Mahsa Amini? Il 16 settembre, anniversario dello scoppio della rivolta, tutte le città piccole e grandi del Paese erano sostanzialmente occupate e presediate dalle forze d’ordine allerte e armate fino ai denti. A Teheran oltre 25mila agenti hanno presidiato le strade e altrettanti nelle caserme pronti a intervenire. In certe zone della capitale sfollavano i raggruppamenti anche di tre persone. Ora in Iran è in atto il rovesciamento del regime e non è più solo la Resistenza Iraniana a dirlo. Ora lo dicono soprattutto gli atteggiamenti del regime e lo dicono i suoi uomini delusi e spaventati. C’è comunque chi ancora sostiene che questa presenza massiccia delle forze d’ordine sia segno della forza del regime teocratico al potere in Iran.

Le dittature all’ultimo stadio della loro esistenza scoprono che la repressione non soltanto non è efficace, addirittura è controproducente, ma non riescono a fermarsi. Un regime totalitario, categoria in cui rientra a pieno titolo quello di Teheran, non cambia. Istintivamente sente che anche una piccola apertura lo squarcerà verticalmente. Negli ultimi stadi dell’esistenza il regime totalitario entra in uno stato d’illusione del tutto immaginario.

Per rendersi conto di questo basta sentire o leggere il discorso di Raisi, pronunciato il 19 settembre all’Assemblea generale dell’Onu. In quattro decenni il regime iraniano non ha fatto altro che reprimere. Ha continuato anche dopo le scosse senza precedenti del settembre 2022, perché questi uomini cavernicoli di un regime reazionario non hanno né la capacità né la volontà di fare altro che reprimere.

Ecco perché il 16 settembre di quest’anno le strade dell’Iran, soprattutto nella capitale, erano assediate. L’inflazione – che galoppa ormai da anni oltre il 60 per cento – ha ridotto alla fame la popolazione di una delle più ricche terre del nostro povero Pianeta. Oggi in Iran non si protesta soltanto, si combatte un regime dittatoriale per ottenere libertà e benessere. Chi protesta rivendica i propri diritti, chi combatte è per i diritti di tutti. In Iran si combatte per il diritto alla vita di un popolo.

Aggiornato il 23 settembre 2023 alle ore 11:26