Renzi, ma quanto ci costerà l’Ucraina?

Con l’arrivo del bel tempo si comincia a respirare aria di vacanze… degli altri. Nel senso che l’industria turistica nazionale attende con ansia l’arrivo della bella stagione per fare fatturato. Sui volumi delle entrate provenienti da questo comparto economico, lo Stato ci tira su un bel po’ di quattrini per far funzionare il suo apparato.

Se c’è domanda, l’offerta migliora e, quel che più conta, genera nuovi posti di lavoro. Se il turismo va, il tasso di disoccupazione scende. Se le imprese dell’alberghiero fanno il pieno, gira anche l’indotto, cioè altre aziende producono, creando beni o fornendo servizi. Va il commercio e va l’artigianato. Se il turismo funziona, il Paese sta meglio. Affinché questa enorme giostra si metta in movimento è necessario che vi sia una domanda disposta a incrociare un’offerta. La domanda può essere di due tipi: interna ed esterna. Quella interna, per il momento è ancora deboluccia per come sono stati ridotti gli italiani dalla cura dimagrante praticata dagli ultimi governi nazionali. Non c’è in giro moneta sufficiente che faccia pensare in grande sul mercato interno. Gli indicatori, al momento, non segnalano significativi segni di ripresa. Ne consegue che la speranza dell’intero comparto sia riposta nel mercato estero. Su questo fronte le prospettive sono state lusinghiere, fino a un certo punto. Quale punto? Vi chiederete. Tutto è andato per il meglio fin quando non siamo stati trascinati nella vicenda ucraina. Cosa c’entra ora la vicenda ucraina con gli andamenti della nostra borsa del turismo? Direte voi. C’entra, c’entra. E spieghiamo perché.

Il nostro giovane Premier si è messo a strologare in pubblico su ideali ragioni di principio connesse ai diritti del popolo ucraino, vittima dell’aggressione del vicino “imperialista”. Renzi si è lasciato prendere la mano dalla presenza di Obama a Roma e, per fare lo spaccone, gli ha detto che l’Italia sulle questioni dell’altrui libertà sa negare qualsiasi altro interesse nazionale, anche economico. I russi, allora, ci hanno preso in parola. Per dare maggior risalto alla nobiltà d’animo di Renzi, che per una santa causa si dice pronto a spogliare gli italiani di ogni ricchezza, i grandi buyer che comprano i pacchetti turistici stanno indirizzando altrove la clientela proveniente dalla “Federazione”. Il trend indica che i flussi si orientano verso le località turistiche dei Paesi competitori dell’Italia, attrezzati alla ricezione di grandi volumi di traffico, come la Turchia e l’Egitto. In particolare quest’ultimo, nonostante l’instabilità politica interna potesse generare perplessità nei tour operator, l’apertura commerciale e strategica del governo del Cairo all’aiuto offerto da Mosca, ha fatto aggio sulle preoccupazioni per la sicurezza dei turisti.

Eppure gli istituti di rilevazione prevedevano un futuro radioso per i rapporti commerciali tra il nostro Paese e la Russia, nel settore del turismo. Secondo i dati di Unioncamere del 2013, l’andamento della domanda dei viaggi organizzati dalla Russia per l’Italia si mostrava stabile, rispetto agli anni precenti, per il 43% dei tour operator, e in aumento per un altro 43%. Nessuna sorpresa, dunque, visto che le preferenze dei russi vedevano sempre l’Italia al primo posto. La stessa fonte rileva che, nel 2013, il Paese più richiesto da quell’utenza è stata l’Italia per il 61,9% dell’universo preso a campione. Sapete quanto l’Italia ha pesato nel 2013 sul totale dei viaggi contrattualizzati in Russia dai tour operator? Il 45% del venduto. Solo nel 2011, si era fermi al 28% del complessivo. Un bel balzo in avanti in due anni, non pare anche a voi? Eppure i pacchetti negoziati non sono stati mica tanto economici. Il costo medio per un soggiorno di 8-9 giorni è stato quantificato, “all inclusive”, in 1.483 euro. Un prezzo ragionevole se si considera che i grandi buyer vendono a olandesi e belgi pacchetti di 10 giorni in Italia al prezzo di 1.086 euro. Sapete perché i russi vengono a fare le vacanze da noi? I dati forniti da Unioncamere ci dicono che, nel 2013, il 41% circa è venuto per il mare, mentre il 29% per visitare le città d’arte. C’è stato un considerevole 9% che ha intrapreso il viaggio solo per fare shopping. Niente male se si pensa che qui da noi il solo andare a fare una passeggiata al centro commerciale vicino casa diventa un evento da ricordare.

Ora, la posizione italiana messa a rimorchio delle decisioni franco-tedesche in sede Ue, da una parte, e dell’amministrazione Obama, dall’altra, rischia di aprire, nei rapporti bilaterali con il partner russo, una ferita destinata a produrre serie conseguenze per la nostra già disastrata economia. Quel che è peggio è che la crepa potrebbe estendersi anche ad altri settori dell’export italiano, i quali negli ultimi anni hanno conquistato posizioni significative sul mercato russo. Secondo i dati dell’Istituto per il Commercio Estero, nel 2012, quello russo ha rappresentato il mercato di sbocco per l’export italiano per 4,2 punti percentuali, con un trend in forte crescita nel 2013. Nello stesso periodo, il mercato di sbocco statunitense ha assorbito i nostri prodotti per una percentuale pari a 1,6. Qualcuno sarebbe così cortese da spiegarci di cosa cavolo stiamo parlando? Mandiamo beatamente a ramengo un Paese di grandi dimensioni che compra da noi il 4,6% del suo import, per stare dietro ai disegni egemonici di una leadership che, con tutto il rispetto per la Storia, il ‘45, la “liberazione”, il Piano Marshall, il sogno americano, gli hot dog e la musica rock, ci fila a tal punto che da noi compra solo l’1,6% del totale dello shopping che fa nel mondo. Si dirà: “È anche l’Unione Europea che lo vuole”. A nessuno è venuto in mente di rispondere: “E a noi che ne viene?”. Una stretta di mano e una pacca sulla spalla, insieme al conto da pagare per gli aiuti economici al povero popolo ucraino. E a noi chi ci pensa? Alla nostra povertà che sta dilagando come la peste ai tempi della colonna infame, chi pone rimedio? Vogliamo darci un taglio con questa sudditanza patologica ai “poteri forti” di Bruxelles? Non ci hanno già rovinato abbastanza con le loro politiche di austerity, demenziali e omicide? Saranno contenti quando ci avranno tolto tutto, anche quel poco che ci era rimasto dopo anni di caduta nel vuoto del nostro apparato produttivo e di evaporazione delle nostre fonti di reddito. Lo scorso 26 novembre, nella suggestiva cornice della città di Trieste, il Governo italiano ha firmato una montagna di accordi commerciali e di partnership in settori strategici con l’amministrazione Putin. Quelle intese adesso che fine faranno? Renzi, attento! Lei sta giocando col fuoco. Il fatto che faccia il tipo “smart” non toglie nulla alla fasullaggine del suo “venghino signori, venghino”. Sappia che gli italiani di incantatori di serpenti non vogliono sentire parlare. Un governante serio e leale deve raccontare la verità ai suoi concittadini.

Ora, signor presidente, è pregato di dirci quanto costerà lo scherzo dell’Ucraina. Gli italiani potrebbero anche scegliere di pagarlo quel prezzo, per ragioni di principio, proprio come lei ha incautamente dichiarato nella conferenza stampa con Obama. Ma devono essere gli italiani a deciderlo. Il suo peso non è grande abbastanza da supplire a quello della volontà del popolo italiano. Non ha ancora ricevuto mandato pieno a rappresentarli. Non dimentichi di come sia approdato a Palazzo Chigi. Sarà che piace a tanti, ma, come direbbe una nota pubblicità, non piace a tutti. Di uno che pugnala alle spalle i suoi stessi sodali pur di conseguire un vantaggio personale non riusciamo proprio a fidarci. Uno che si comporta da Giuda, cosa altro è se non un Giuda? Gli amici di Forza Italia si ritengano avvertiti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:51