Le major del porno contro i pirati

Un conto è venire accusati di aver scaricato illegalmente il nuovo album della tua band preferita, o l’ultimo film della saga del tuo supereroe del cuore; un conto è vedere il tuo nome finire in una causa con l’accusa di aver scaricato illegalmente un film porno. «Se tentiamo di risolvere il problema prima che escano i nomi degli accusati, nessuno saprà chi sono. Non voglio far passare l’idea che facciamo pressione su qualcuno al fine di raggiungere un accordo per mantenere segreto il suo nome. Penso che quello che facciamo è fare pressione su qualcuno perché il suo nome non venga associato ad un furto». La sostanza non cambia molto, ma questo dichiarava l’avvocato John Steele al Chicago Tribune nel 2010.

Probabilmente il nome di questo giovane avvocato è sconosciuto ai più, ma Steele è il più famoso avvocato ingaggiato dall’industria della pornografia per proteggersi dalle continue violazioni di copyright delle quali è facile preda.

Pare infatti che, grazie agli ingaggi della porno-industria, un bel numero di studi legali stia facendo un mucchio di soldi. Tanto che mr. Steele nel 2011 ha fondato la Prenda Law, uno studio legale di importanza nazionale, specializzato proprio nella protezione del diritto d’autore. Non a casa il loro sito internet si trova digitando un indirizzo che non ha bisogno di spiegazioni: wefightpiracy.com. Si legge sul sito: «Siamo la soluzione per i detentori di copyright che vogliono essere proattivi nella lotta contro le violazioni di copyright e i reati di pirateria». E in effetti da alcuni anni il mondo dell’intrattenimento a luci rosse ha avviato una battaglia per proteggere il duro lavoro (senza voler fare ironia gratuita!) dei performer, dei registi e di tutte le figure professionali che ruotano intorno al porno.

Sembra perfettamente legittimo che alcuni studi legali si specializzino in una materia in particolare. Solo che questo è un campo particolarmente delicato, che coinvolge temi dai quali la maggior parte della gente vuole stare a distanza di sicurezza. Questioni che possono minacciare la reputazione di una persona, la solidità di una relazione, la sicurezza di un matrimonio e di una famiglia. E questi avvocati non sono ingenui, lo sanno benissimo. La Prenda Law ha infatti introdotto alcune tecniche particolari appositamente pensate per confondere i malcapitati porno-utenti. Nelle lettere che invia ai presunti pirati, utilizza espressioni come, ad esempio, “informal discovery”, termine legale per indicare uno scambio di documentazione tra avvocati, utilizzata per velocizzare un accordo tra le parti. 

Se il presunto pirata non risponde alla lettera di accordo proposta dallo studio legale, allora riceve una chiamata da un sistema automatico, una pratica che sembra voler indurre l’accusato a pagare velocemente e togliersi dai guai il più presto possibile.

È sicuramente legittimo voler difendere il diritto d’autore, anche quello relativo alla porno-industria. Non a caso alcuni performer del settore hanno accettato di comparire in una campagna di sensibilizzazione del tutto simile a quelle alle quali prendono regolarmente parte attori, scrittori o cantanti. Ma il sistema utilizzato dalla Prenda Law e da altri studi si basa sulle segnalazioni relative alle liste di indirizzi Ip dai quali proviene il download del materiale, che non indica necessariamente la macchina dalla quale il download è partito, ma soltanto la rete alla quale la macchina appartiene. Il pratica, ad un indirizzo IP non si collega automaticamente un’identità.

Non solo, c’è anche il caso che alcuni virus possano interferire con la normale attività di un cittadino che sta semplicemente lavorando o utilizzando il suo personal computer per tutt’altro scopo. Il margine di errore non è enorme, ma non è da sottovalutare.

La sensazione è che intorno al tema della protezione del copyright sul materiale P2P si stia creando una sorta di regime del terrore. Sulla pornografia poi, ovviamente, intervengono una serie di variabili legate allo status sociale, alla vita privata e all’intimità di una persona. Insomma, con la scusa di far rispettare la legge, c’è chi ha trovato un modo facile per lucrare. Quale onesto padre di famiglia non accetterebbe l’accordo economico proposto, laddove il rifiuto comporterebbe l’affrontare una causa per aver scaricato un porno?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:42