Campioni di burocrazia

“Con il nuovo Decreto-legge Pnrr lavoriamo a una semplificazione delle pratiche burocratiche per le attività artigiane: siamo intervenuti su un comparto vitale nel sistema economico italiano. In Italia per aprire una gelateria servono fino a 78 adempimenti realizzati attraverso un dialogo con 23 enti pubblici diversi. Vogliamo razionalizzare questi adempimenti eliminando tutti quelli che sono ridondanti e passando da una logica di sospetto preventivo a un controllo a posteriori”. Così si è espresso il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, intervenendo agli “Stati generali” organizzati a Bruxelles. Stati generali che hanno radunato i funzionari italiani che prestano servizio presso tutte le istituzioni dell’Unione europea e dell’Alleanza Atlantica, nonché rappresentanti del sistema Paese, del mondo imprenditoriale e accademico e dei media. Ora, in tutta onestà, occorre sottolineare che questa eterna lotta alla burocrazia e alle leggi inutili rappresenta, soprattutto in prossimità di qualunque elezione, un argomento sostenuto dai partiti di tutti gli orientamenti politici. A tale proposito, forse qualcuno ricorderà il falò di 375mila leggi e provvedimenti inutili che, durante l’ultimo Governo Berlusconi, inscenò il leghista Roberto Calderoli, all’epoca ministro della Semplificazione.

Una semplificazione la quale, evidentemente, non ha neppure sfiorato i poveri gelatai di questo disgraziato Paese. Battute a parte, in realtà il problema dell’ipertrofia normativa e burocratica, che rappresenta da sempre un tratto particolarmente distintivo dell’Italia, risponde a logiche e finalità piuttosto complesse e di non facile soluzione. In tal senso, la definizione migliore che mi è capitata di ascoltare negli ultimi anni l’ha offerta durante la pandemia il professor Luciano Gattinoni, prestigioso intensivista che opera da tempo in Germania. Interpellato sull’impressionante sviluppo delle misure anti-Covid (molte delle quali, in seguito, si rivelarono prive di alcun effetto pratico, se non addirittura deleterie), il medico rispolverò il classico detto secondo cui “quando ci sono troppi galli a cantare non fa mai giorno”. In sostanza, data la nostra tradizionale tendenza a creare a ogni livello vaste commissioni e organismi pletorici, ciò spinge i relativi membri a mettere una propria bandierina nei provvedimenti che poi verranno introdotti nei vari settori della vita sociale. Tant’è che proprio in quel periodo, sempre con l’intento di combattere il Covid a colpi di regolamenti, il Coni elaborò un protocollo di quasi 500 pagine esclusivamente dedicato all’attività sportiva. E tutto questo, poi, genera inevitabilmente molti interessi nella società. Tant’è che, tornando al caso emblematico dei gelatai, dietro alla montagna di adempimenti che sovrastano la loro attività vi saranno certamente un buon numero di burocrati e di fornitori di servizi, spesso ridondanti, necessari per affrontare il ginepraio dei medesimi adempimenti, realizzando il più classico modello di serpente sistemico che si morde la coda.

D’altro canto, prendendo in esame lo sport amatoriale, che personalmente pratico da una vita, forse non è un caso che, nel mondo avanzato, l’Italia sia praticamente l’unico Stato che, per gareggiare, impone un costoso esame medico-sportivo annuale, una copertura assicurativa e, per chi aderisce a un ente di promozione sportiva, anche una tessera aggiuntiva rilasciata da chi rappresenta il Coni nello specifico settore. Si tenga presente che per partecipare alle maratone di massa più importanti del mondo, su tutte quella di New York, è sufficiente firmare una semplice liberatoria. Quindi, in conclusione, se siamo riusciti nel capolavoro di ingessare in modo strettissimo lo sport, ovvero l’emblema dell’attività libera, possiamo poi stupirci che laddove ruotano molti più interessi economici e professionali le norme e gli adempimenti inutili spuntino come funghi dopo la pioggia?

Aggiornato il 02 aprile 2024 alle ore 13:55