Ma chi l’ha inventato il terzo mandato?

Mi è già capitato, in contesti diversi, di criticare il terzo mandato. Come dicevo, l’argomento non è affatto questa norma che fa tanto discutere in questi giorni. Perché sono fra i pochi che non è d’accordo, sia per il contenuto esplicativo sia, ovviamente, per il numero magico che introduce tassativamente il fatale “tre” circa le preferenze per l’elettore.

Non ci si fa caso a questi cambiamenti, ancorché numerici, forse perché la demagogia senza senso dei grillini (artefici del nuovo numero) ha reso a volte sordi e muti i parlamentari chiamati a decidere il cambiamento. Non volevano apparire legati a vecchie formule (che hanno retto per mezzo secolo), forse perché indifferenti alla ventata e a volte travolti, come in questo caso, dalla demagogia introdotta da Beppe Grillo, ossia notoriamente privi di qualsiasi idea riformista per la testa.

Anzi, per dirla meglio, i grillini non hanno mai detto di essere riformisti ma, anzi, rivoluzionari. Il che spiega la loro “rivoluzione” del numero tre per le preferenze alla Camera. Che conferma, come si sa, la mancanza di qualsiasi idea nuova. Per dirla tutta, la campagna grillina appoggiata, ça va sans dire, dalla grande stampa cioè da tutta, si basava, per pura ipocrisia demagogica, sul fatto che le vecchie preferenze potevano produrre chissà quali vizi e pasticci in alleanze non proclamate. Ma, soprattutto, si invocava – come facevano appunto (dando del ladro a tutti) quelli di Grillo – un grosso risparmio nelle campagne elettorali (per la Camera dei deputati).

Intendiamoci: coi problemi che aveva e che ha il nostro Paese, quello delle due o tre preferenze è un “problema di lana caprina” per dirla come mia nonna. Ma è stato talmente sviscerato soltanto nella sua parte del risparmio che la decisione, alla fine, è stata presa. Per quanto riguarda la cosiddetta parsimonia a fronte della spendacciona Prima Repubblica e oltre, gli ultimissimi dati ufficiali non parlano affatto di risparmi (che non ci sono stati e non ci saranno) ma, semmai, insistono sulla deprecata e deprecabile assenza di preferenze dalle urne che, tuttavia, coincide con l’astensionismo su vasta scala, a sua volta causa ed effetto di un sistema che priva di rappresentanza altre Regioni. Come si diceva (e si dice) il problema va risolto con la decisione finora mai usata. Ma non con i pannicelli caldi. Come si sa, il problema è politico.

Aggiornato il 19 febbraio 2024 alle ore 09:36