La sindrome da fascismo incombente colpisce ora il Calendario dell’Esercito

Non paghi di aver fatto assurgere il generale Roberto Vannacci a novello Alessandro Manzoni, ora certi ambienti scatenano la polemica sul calendario dell’Esercito 2024 poiché commemora tutti gli eroi della Seconda guerra mondiale senza fare distinzione tra prima e dopo l’8 settembre 1943.

La descrizione del calendario recita così: “Attraverso la rievocazione di quei tragici eventi si è voluto rendere omaggio agli uomini che a quei fatti parteciparono con l’assoluta consapevolezza di servire la Patria, sia prima sia dopo l’8 settembre 1943, onorando il giuramento prestato. Sono stati pertanto selezionati alcuni ufficiali, sottufficiali e soldati, insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Militare per atti eroici compiuti dopo l’armistizio e che si sono particolarmente distinti anche nel periodo precedente”.

Sembrerebbe chiaro l’intento di sottolineare che un soldato serve e onora la propria Patria a prescindere da chi si trovi al Governo, invece per taluni con il tarlo del fascismo incombente in ogni circostanza la copertina del calendario costituisce addirittura motivo di interrogazioni parlamentari costringendo i vertici della Difesa a dover dare spiegazioni per naturali ovvietà.

Per coerenza ai contenuti delle interrogazioni parlamentari sulla sovversiva copertina gli attenti censori dovrebbero chiedere ora di annullare tutte le Medaglie conferite agli Alpini in Russia o ai Carabinieri e ai Paracadutisti in Africa Settentrionale, tutti fatti accaduti prima dell’8 settembre 1943.

Il fine del calendario è far capire come il soldato italiano si è sacrificato sino all’estremo sia prima che dopo l’8 settembre.

Il movimento della Resistenza fu caratterizzato infatti dall’apporto essenziale dei militari, troppo spesso dimenticato. Molti di essi dopo l’armistizio si diedero alla macchia e andarono ad alimentare i gruppi partigiani nelle montagne, non solo quelli autonomi ma anche quelli legati ai partiti, molti dei quali si posero sotto il comando di ufficiali dell’esercito.

Furono creati i Gruppi di Combattimento, unità militari a livello di divisione, comandati da generali dell’esercito e migliaia sono i caduti e i feriti con le stellette in quel periodo. Taluni anche dopo il 25 aprile come il colonnello dei carabinieri Edoardo Alessi che da comandante del Gruppo di Sondrio decise di passare alle formazioni partigiane e andò ad aggiungersi alla lista degli eroi decorati e dimenticati della Resistenza valtellinese.

Militare era anche lo stesso Alfredo Pizzoni, presidente del Comitato Nazionale di Liberazione Alta Italia (Cnlai). Era un maggiore di Cavalleria pluridecorato al Valore in entrambi i conflitti mondiali.

Innumerevoli sono gli esempi noti e meno noti di medaglie d’oro al valor militare conferite per atti compiuti nella guerra di liberazione, ma è risaputo che per un incomprensibile concetto di monopolio della Resistenza le operazioni compiute dall’Esercito contano meno e devono rimanere nell’oblio.

Unica giustificazione che si possa dare agli interroganti è che essi non conoscono i principi e i valori che contraddistinguono chi serve la Patria in guerra. Fedeltà al Giuramento, attaccamento alla Bandiera e alle tradizioni del Reparto di appartenenza sono lemmi ormai desueti e sconosciuti ai non addetti ai lavori ma che sicuramente hanno ispirato i militari che hanno combattuto sia prima che dopo l’armistizio.

Va infine ricordato che molti vertici militari un po’ snob, soprattutto della Marina, detestavano Benito Mussolini e i principali esponenti del fascismo ma non per questo si sono astenuti dal combattere per il loro Paese molte volte sino all’estremo sacrificio.

Polemica, pertanto, fondata sul nulla o meglio sulla minor conoscenza storica ma che fa tornare attuali le parole di Leonardo Sciascia quando afferma che “il più bello esemplare di fascista in cui si possa oggi imbattere è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dare del fascista a chi fascista non è.

Aggiornato il 19 gennaio 2024 alle ore 11:55