La dabbenaggine collettiva sulla questione profughi

Era prevedibile che sarebbe accaduto. Era fin troppo ovvio che, ritirate le truppe dall’Afghanistan e tornati i talebani al potere, si sarebbe verificato l’esodo di massa da quel Paese alla volta dell’Europa. Molti afghani, infatti, almeno secondo le ricostruzioni dei media occidentali, sono terrorizzati all’idea di ricominciare a vivere sotto un regime fondamentalista islamico. Molti di loro vorrebbero continuare a vivere come nell’ultimo ventennio, vale a dire in maniera “simil-occidentale”. Di conseguenza, non pare esserci altra soluzione che la fuga dal Paese.

Tutti abbiamo visto l’incredibile affollamento all’aeroporto di Kabul; tutte quelle persone che sperano di partire alla volta dell’Europa e degli Stati Uniti, che desiderano di trovare un posto sugli aerei o di andarsene assieme ai militari occidentali; quelle madri che passano i propri figli in fasce ai soldati per permettere, almeno a loro, di avere un futuro migliore di quello che avrebbero sotto i talebani. Naturalmente, quelli che non riusciranno a prendere il volo non si daranno per vinti: se veramente intenzionati a lasciare il Paese, tenteranno di raggiungere l’Europa via terra, attraverso i Balcani, come già fatto da molti loro connazionali.

L’Europa teme una nuova ondata migratoria senza precedenti e sta cercando di prepararsi come può. Prepararsi per cosa? Per difendere i propri confini? Neanche per sogno! L’Europa – nel suo delirio auto-lesionistico – sta cercando di mettere a punto un piano per l’ingresso e l’accoglienza “ordinata” dei profughi che giungeranno dall’Afghanistan. In altri termini, la parola d’ordine – tanto per cambiare – è sempre la stessa: avanti, c’è posto per tutti! Se in un primo momento si era pensato al contenimento della pressione migratoria pagando i Paesi limitrofi all’Afghanistan – in maniera simile a quanto fatto con la Turchia in passato – tale ipotesi sembra essere definitivamente sfumata dinanzi al diniego di quegli Stati, la cui risposta è stata sostanzialmente: voi avete destabilizzato e occupato per anni quel Paese, ora spetta a voi assumervi la responsabilità delle vostre scelte geopolitiche. E non si può dare loro torto.

Di conseguenza, l’Unione europea ricomincia a parlare di “quote di profughi”, di “accoglienza diffusa” e “condivisa” tra i vari Stati membri. Peccato che alcuni di essi si siano già chiamati fuori, dichiarandosi non disponibili ad accogliere gli afghani in fuga: Austria, Slovenia, Ungheria e Polonia primi fra tutti. È notizia di questi giorni che la Grecia ha eretto un muro ai confini con la Turchia per impedire ogni ingresso non autorizzato, aggiungendosi così alla lista di Stati che hanno già detto “no” all’accoglienza dei profughi afghani. Come sempre, in questa pazza Europa, quando si tratta di cose serie, ognuno va per conto proprio e non si trova mai una quadra: e tutto il peso ricade sempre su chi non è capace di tenere il punto (leggasi Italia).

Quello che però impressiona maggiormente è la sostanziale incapacità di individuare una soluzione adeguata alla natura del problema. Concentriamoci per un momento sull’Italia. Devo dire di non aver sentito proposte sensate da nessun leader politico. La sinistra sostiene sia un “dovere morale” del Paese accogliere chi sta fuggendo da un regime violento e feroce come quello dei talebani, nel disperato tentativo di trovare una vita migliore altrove. Addirittura, tra loro, c’è chi sostiene che la Costituzione imponga l’accoglienza dello straniero “a priori”. Mi sbaglio o, a questo proposito, si sta cercando di far cadere anche l’ultimo baluardo per contenere numericamente i flussi migratori, eliminando la distinzione tra “profugo”, “migrante economico” e “clandestino”, per affermare – addirittura quale principio costituzionale – il fatto che chiunque, a qualunque condizione, ha diritto di stabilirsi in Italia? Probabilmente è così.

Ora, che la Costituzione vada profondamente riformata è evidente: ci sono troppo punti sui quali non è più adeguata alle sfide e alle caratteristiche di un Paese e di mondo radicalmente mutati rispetto al tempo in cui venne scritta. Tuttavia, non credo che ci sia un articolo costituzionale sul “suicidio nazionale”. Infatti, se accogliessimo tutti coloro che bussano alla nostra porta e se non fossimo, di fatto, liberi di regolare i flussi migratori come riteniamo opportuno, faremmo prima a dichiarare conclusa l’esperienza della Repubblica italiana, dal momento che nel giro di pochi anni diventeremmo un “distaccamento” dell’Africa o del Medio-Oriente, come in parte sta già avvenendo, anche a causa di certi ottusi “letteralismi”.

Le cose non vanno meglio a destra. Oltre agli strali lanciati contro gli Stati Uniti – rei di aver “lanciato il sasso e nascosto la mano” e di aver fatto fare una pessima figura all’Occidente intero – e agli sproloqui neo-conservatori sulla necessità di riportare le truppe in Afghanistan o di fare pressioni sul regime talebano perché rispetti i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini, non sembra che le idee siano più chiare rispetto a quelle della sinistra. Anche il centrodestra, infatti, si è dichiarato favorevole all’accoglienza di profughi, purché ci sia condivisione del problema in ambito europeo e purché i numeri siano contingentati, per evitare che l’Italia venga sommersa. Ora, mi spiace dirlo, ma l’unico modo per fare in modo che questo non avvenga è imitare l’esempio della Grecia piuttosto che dell’Austria, indipendentemente da cosa ne pensi Bruxelles sulla questione. Non ci sono i fascisti al Governo in questi due Paesi: ma due forze liberal-conservatrici e moderate, entrambe nel Partito Popolare europeo. Noi, anche grazie a Mario Draghi, potremmo imporci, far sentire il peso della nostra decisione e iniziare a erigere le nostre barriere sul confine sloveno e croato. Del resto, abbiamo già troppi problemi con la rotta Mediterranea e con le migliaia di africani che ogni giorno le Ong scaricano sulle coste siciliane. Non ci serve altra gente da sfamare, vestire e alloggiare a spese dei contribuenti italiani. Non abbiamo alcun obbligo morale nei confronti degli afghani, o almeno non ce l’hanno i cittadini italiani (o di altri Paesi) che dovrebbero farsi carico delle spese e che dovrebbero sopportare il peso di una convivenza quasi mai facile. Non sono stati il signor Rossi o la signora Bianchi a destabilizzare l’Afghanistan, ma i loro governi, senza peraltro aver ricevuto alcun consenso per farlo.

E se i governi occidentali hanno avuto il torto di inviare truppe in Afghanistan, siano i governanti di allora – assieme a tutti quelli che hanno mantenuto tale stato di cose – a farsi carico del problema dei profughi, ovviamente di tasca loro. Siano loro a provvedere in tal senso. Se questo non è possibile, allora non si permetta ai profughi di venire in Italia. In ogni caso, non si costringano a pagare coloro che non hanno fatto alcun danno. Potrà sembrare cinico. Potrà sembrare egoista. Potrà sembrare finanche crudele. Ma questa è la realtà. E se bisogna scegliere tra l’impegno umanitario e la difesa dei diritti naturali dei propri cittadini, quest’ultimo obiettivo andrebbe sempre preferito. Del resto, non sono solo i nostri soldi a essere messi a rischio: come sempre, quando si tratta del binomio “accoglienza/immigrazione”, c’è di mezzo anche la sicurezza.

Giungono dalla Francia notizie allarmanti: alcuni profughi appena arrivati dall’Afghanistan con il contingente militare transalpino, sono stati fermati perché sospettati di legami con il terrorismo islamico. Che l’ondata di profughi, veri o presunti, non ci porti in casa anche qualche “bombarolo” o qualche “tagliagole”, oltre alla solita teppaglia che non manca mai? Per il resto, sarebbe bello vedere gli afghani difendere la loro terra dai talebani, invece di scappare o di aspettare che altri lo facciano per loro. Sarebbe bello vedere tutti quegli uomini ammassati all’aeroporto di Kabul unirsi alla resistenza anti-talebana di Massoud, che peraltro continua incessantemente a chiamarli alle armi. Se non altro, il nascente “Emirato islamico” avrebbe i giorni contati in questo modo, giacché nessun Governo, per quanto violento e tirannico, può reggersi in piedi se ha contro il suo stesso popolo, unito e deciso a riprendersi la sua libertà.

Aggiornato il 26 agosto 2021 alle ore 09:35