Il Governo ha annullato il ruolo del Consiglio superiore dei lavori pubblici

Il Consiglio esprime un parere solo sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 100 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro, le competenze del Consiglio superiore sono esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 50 milioni di euro si prescinde dall’acquisizione del parere di cui all’articolo 215, comma 3, del Decreto legislativo n° 50 del 2016. Ora mi chiedo dove fosse la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti quando i suoi colleghi di Governo annullavano praticamente un organismo chiave dell’intero sistema procedurale che avalla o meno la qualità di una proposta progettuale o quando con l’articolo 49 dello stesso provvedimento riservavano a tale organismo controlli particolari sulle reti stradali ed autostradali. E mi chiedo come mai annullare le competenze di un organismo che, a differenza di altri come il dicastero dell’Ambiente o quello dei Beni culturali, aveva sempre rispettato i tempi previsti dalle varie norme e ciò lo aveva fatto sempre in tempi mai superiori ai sessanta giorni.

Ma dov’era il viceministro Giancarlo Cancelleri che, rappresentando il Movimento 5 stelle, doveva quanto meno difendere un organismo che in realtà supportava non solo la qualità dell’intervento ma anche la corretta correlazione tra valore dell’intervento e coerenza dello stesso alle finalità perseguite dal Governo? Aa questi miei interrogativi non credo ci saranno risposte perché in fondo la esclusione del ruolo del Consiglio superiore dei lavori pubblici rientra in una chiara azione del Governo di ridimensionare, mese dopo mese, il ruolo di un dicastero che in realtà ha, in questi ultimi cinque anni, una grande responsabilità: è riuscito a far passare la incidenza del comparto delle costruzioni nella formazione del Prodotto interno lordo dal 15-16 per cento al 4- 5 per cento. Ricordo che i motori del Pil erano le costruzioni, le attività manifatturiere, il turismo e la logistica. Cioè in cinque anni il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha praticamente distrutto uno dei cilindri della macchina dello Stato. Solo a titolo di esempio riporto alcuni dei casi in cui emergono in modo inconfutabile le responsabilità del dicastero:

1) Il blocco della Legge obiettivo e il lancio dello scandaloso Codice degli appalti.

2) Il mancato avvio di opere per un valore di oltre 24 miliardi di euro, già approvate e già affidate.

3) La incapacità a spendere le risorse del Fondo coesione e sviluppo (dei circa 53 miliardi dal 2014 ad oggi spesi solo 5 miliardi).

4) Il blocco per un anno del nuovo tunnel ferroviario Torino-Lione.

5) Il blocco per cinque anni (da Graziano Delrio a Danilo Toninelli) del collegamento ferroviario Genova-Milano (Terzo Valico dei Giovi), del collegamento ferroviario Brescia-Verona-Vicenza-Padova, il blocco del nodo ferroviario di Firenze, il blocco dell’asse viario 106 (Ionica).

6) Il completo disinteresse, per oltre cinque anni consecutivi, dei lavori di completamento del Mose a Venezia.

7) La conclusione del rapporto con l’Aspi venduta come revoca e con errori mediatici da aggiotaggio trasformati in danno per gli azionisti e in sicuro allontanamento di capitali privati dal nostro Paese.

L’attuale coalizione di destra non fa questa capillare denuncia della incapacità di chi ha gestito negli ultimi cinque anni il dicastero perché pensa che l’elettorato non è attento a queste problematiche. Purtroppo sbaglia sia chi è al Governo, sia chi è alla opposizione, Piero Calamandrei diceva che quando in una democrazia sbagliano sia chi governa che chi è alla opposizione si creano le condizioni ottimali per fenomeni di eversione.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 03 agosto 2020 alle ore 17:01