Dossieraggio come surrogato della politica

Se lo dice Giancarlo Giorgetti, autorevole e capace sottosegretario di Stato (leghista), non può non essere vero. Ci riferiamo al vezzo, per non dire peggio, molto peggio, di quella forma di sostituzione della politica col ricatto (personale e politico) che, pur esistendo da sempre, trova oggi una sorta di ritorno di fiamma, una sua rinascita tanto più vivace quanto più inaspettata nel clima di quella pretesa, soprattutto grillina, di un rinnovo della Polis, con la raccomandazione che sia dalle radici, ex imis.

Lo chiamano dossieraggio e il buon Giorgetti specifica che dalle parti di Beppe Grillo e dei suoi la pratica suddetta è diffusa non poco, tant’è vero che “ne hanno su tutti, uno anche su di me”. Di dossier, si capisce.

Intendiamoci: il matrimonio governativo fra Lega e M5S non era stato ordinato né raccomandato da nessun dottore, e se ne potrebbe concludere con l’antica, eppur cinica massima del “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”, tenendo tuttavia presente che il dossieraggio, tanto più se esercitato da chi è e opera nel Palazzo, non può non avere qualche influenza sulle scelte che, venendo assunte a Palazzo Chigi e ministeri vari, hanno riflessi se non influenze su di noi. E ciò non tanto o non soltanto per l’oggettiva portata di una simile pratica erga omnes, ma soprattutto per la provenienza della stessa da parte di un movimento che ha urlato sulle piazze televisive, a destra e a manca, un messaggio di rinnovamento dal profondo, un impegno di un cambiamento radicale del colpevole e vergognoso “andazzo del prima” in favore di un dopo in nome della serietà e, ovviamente, dell’onestà.

La mitica piattaforma Rousseau sotto la guida di Casaleggio, prima il padre poi il figlio, ha propugnato e continua a propugnare questo principio che è indubbiamente sacrosanto e che tutti i partiti, da quando esistono, hanno collocato in cima ad ogni loro statuto riprendendo dai nostri progenitori latini che integritatis fama est alterum patrimonium, intendendo appunto che la fama di integrità, la sua più vera ragione, è un secondo matrimonio, richiamando la solenne funzione della politica che, come la moglie di Cesare, non deve essere nemmeno per un minuto sospetta.

La storia ci insegna che anche il giacobinismo, a volte, incorre in manchevolezze ed errori pur continuando ad inneggiare alle proprie virtù soprattutto quando si dichiara custode oltre che praticante della leggendaria privatezza, e può così capitare che dal Garante della Privacy venga sancita una multa di 50mila euro proprio a quella piattaforma intitolata volutamente a Rousseau.

Il dossieraggio è certamente una pratica diffusa ma molto spesso il suo uso contro gli avversari, sia esterni che interni, è sostitutivo proprio di quella politica che è innanzitutto il libero esercizio del proprio voto oltre che delle scelte e del comando in nome della democrazia. Sorge così la domanda che il nostro giornale pone e si pone in un contesto come l’attuale in cui la vittoria alle elezioni di un movimento pentastellato era stata accompagnata e vantata come la risposta al malgoverno di prima e degli altri.

E viene quasi spontanea la risposta: che la politica, la loro, iniziava col dossieraggio. E finiva nei suoi dintorni. Finiva?

Aggiornato il 08 aprile 2019 alle ore 11:08