Segnali di riscossa, caos da affrontare

La serie delle prove elettorali “pre-europee” si è chiusa con risultati oggetto di valutazioni ottimistiche da parte dell’opposizione.

Ottimistiche oltre misura per l’“Opposizione interna” al Governo, cioè per il travaso di voti e di peso politico del Movimento 5 Stelle alla Lega di Salvini, ma anche ragionevoli, seppure poco messe in rilievo le considerazioni circa l’esito del voto per quello che, bene o male, è da considerare l’opposizione parlamentare, quella fuori del pasticcio nel Governo.

Se non l’esito delle elezioni vere, quella della perdurante truffetta delle primarie è stata tale ed è stata fatta passare come tale da giustificare un po’ di fiato e di speranza per il languente Partito Democratico. Quanto ciò sia giustificato non è quesito che voglio pormi e porre agli altri. Del resto in politica anche le bugie più impudenti, ripetute e non contradette, possono finire per tener luogo della verità.

Meno discutibile è un pur limitato successo di Forza Italia, di cui sembra essersi arrestato il processo di dissolvimento con segnali di una certa ripresa. In particolare in Basilicata, dove di fatto Forza Italia ha presentato quattro liste, cui il totale dei voti di esse raggranellati ha quasi raggiunto i voti della Lega, che pure ha ottenuto il solito successo. Certo, parliamo del totale di più liste, tutte facenti capo allo stesso partito, espediente molto in voga al Sud. Ciò significa che il successo è e rimane di una rete di clientele, di stima personale, di interessi particolaristici e non di un’apertura a prospettive localistiche. Ma per un partito dato in agonia, del quale si era aperta la corsa all’eredità, non può negarsi che le cose siano andate bene. Diciamo, almeno, bene. Non so se sia vero. Ma pare che si sia aperto un flusso di ritorno di molti che avevano lasciato il partito. È sperabile, non solo per Silvio Berlusconi e per Forza Italia, che tra i “reduci” non ci sia Angelini Alfano e che questi resti a vedersela con la questione del Sistema Montante.

Detto tutto ciò e preso atto di quello che per me è solo una ovvia conferma, che, cioè, Matteo Salvini si guarderà bene di staccare la spina ad un governo che per lui e per le sue “arti” arroganti è la gallina dalle uova d’oro, almeno fino a che vi sarà da spremere il malconcio limone dei grillini, diciamo che la situazione è gravissima, la rottamazione della Repubblica, della sua economia, dei suoi gangli morali e materiali è in atto e si accelera la velocità del fenomeno.

Ci vuole altro che una Forza Italia rabberciata, un Pd chiamato a raccolta dal fratello del Commissario Montalbano in nome di tutto quello che ne ha segnato la catastrofe, per rimettere in piedi questa nostra povera Nazione. Ci vorranno anni, ben che vada, per risalire la china. Non eravamo molto ben messi. Ma sono bastati questi mesi di boiate cretine e di zuffe paralizzanti per segnare un vero e proprio nostro declassamento. Né hanno finito la loro riserva di catastrofi da far piovere sul Paese. Giorni fa ci mancò poco che mi prendesse un coccolone sentire Salvini annunciare che stava mettendo a punto, lui, nientemeno, una riforma della giustizia. È gente che non ha il senso del limite e quello del ridicolo. Darebbero mano alle riforme della legge di gravitazione universale, proclamandosi esperti del ramo. Ho i brividi pensando a Toninelli, che è andato in Sicilia per “risolvere” il problema della rete dei trasporti. E così via.

Vedremo le elezioni europee. Temo che ci sarà poco da vedere. Poco rispetto all’enormità di quanto, ogni giorno di più, vi è da affrontare per tentare di non precipitare nel baratro. Altro che liste “d’appoggio”! Altro che “recupero dei transfughi di Forza Italia”! Solo un grande, nuovo partito illuminista, liberale, patriottico ed europeista potrebbe affermare una situazione come questa. Non si vede. Non si sente nulla del genere. Siamo pazzi a sperare che ci possa essere? Meglio pazzi che sepolti vivi nel letamaio.

Aggiornato il 29 marzo 2019 alle ore 11:33