Macron, la Tav, Totò e la banda degli onesti

Parafrasando un grande narratore americano francese a proposito della politica, ciò che alla fine dà senso alla politica e alla sua vita non è solo il modo in cui è stata vissuta e svolta ma come ci si avvicina alla fine. Il fatto è che, da noi, la politica è finita da parecchio tempo e non a caso ciò che ne resta è stato classificato dal nostro direttore sotto la categoria psichiatrica della schizofrenia pressoché quotidiana. E dunque incurabile.

C’è intanto da ascoltare le ultime dichiarazioni del presidente Emmanuel Macron, in attesa di un premier Giuseppe Conte “chiarificatore” a proposito del nostro Paese in riferimento alla ormai leggendaria Tav (peraltro iniziata da mesi se non anni) che, liquidando la questione, ha concluso di non avere più tempo da perdere: adesso è un problema italien. Come si dice, fine della trasmissione e tutti a casa.

La risposta del Governo, tramite Conte, è giunta poco dopo e non secca e tagliente alla Matteo Salvini col suo indimenticabile “arrestateli”, ma, semmai, placida e tonificante: occorre riequilibrare i costi, sempre di quella Tav che è sempre in costruzione.

C’è un qualcosa di comico in questa offerta (non) politica dei nostrani reggitori della cosa pubblica, che anche i murales romani hanno colto al volo grazie a quelli di TvBoy che hanno rappresentato su una parete nel centro capitolino Giuseppe Conte come Pinocchio che viene raggirato da Di Maio e Salvini nei panni del Gatto e della Volpe. Come a ricordarci che l’eredità lasciataci dal grande Collodi è ancora tutta da sfruttare. E un po’ di comicità, di certo non voluta dagli attori principali, non è forse riscontrabile persino nella piccola eppur significativa vicenda del patrocinio, prima concesso e poi precipitosamente negato dal governo al Congresso della famiglia a Verona, al quale il vicepresidente del Consiglio Salvini ha comunque garantito la sua presenza insieme al ministro Lorenzo Fontana?

Sullo sfondo resta pur sempre Roma, con la crisi dei suoi vertici comunali sui quali il nostro buon senso pone una sorta di freno alle difficilmente occultabili contraddizioni e convulsioni. Ovvero fra un prima (elettorale) scandito sulla mitica onestà-tà-tà e un dopo precipitato nel suo opposto stando al governo, tanto da rimembrarci quel fantastico film degli anni Cinquanta, diretto da Camillo Mastrocinque e scritto da Age e Scarpelli, e interpretato da Totò e Peppino De Filippo, con il Principe de Curtis nei panni di un portinaio che, ricevuto in dono un cliché per banconote, con la complicità di due amici stampa un po’ di cartamoneta falsa. Geniale, e anche esemplare, sullo sfondo delle vicissitudini del sindaco Virginia Raggi costretta ad assistere all’ascesa e caduta del suo braccio destro o factotum, Daniele Frongia. Intendiamoci, per noi garantisti da sempre e per chiunque, soltanto un processo e una sentenza sanciranno se Frongia sia colpevole o innocente, anche se lui e i suoi compagni, giacobini da strapazzo, hanno sempre abusato di insulti, ingiurie e offese svillaneggiando coram populo qualsiasi politico incappato in un avviso di garanzia.

Per fortuna che ci sono i bambini. La vicenda del bus del terrore in viaggio verso Linate con decine di bambini sequestrati e legati da Ousseynou Sy – “ho sentito la voce dei bambini in mare” – che voleva tornare in Africa, sì, ma dopo una strage bruciando vivi i bambini che trasportava se non fosse intervenuto un ragazzino egiziano di nome Ramy che ha ci ha poi raccontato: “Ho telefonato a papà parlando in arabo col tono delle preghiere e poi sono arrivati i carabinieri a salvarci”. I carabinieri che, a loro volta, avevano parlato con lo stesso Ramy dotato indubbiamente di calma, sangue freddo e lucidità da fare invidia.

Il mondo salvato dai bambini. Speriamo anche sulla Via della Seta e nel tunnel della Tav. E perché no, dalla banda degli onesti.

Aggiornato il 26 marzo 2019 alle ore 10:28