Giustizia: da Craxi a Berlusconi fino a Mastella

Adesso si fa presto a dire circo mediatico-giudiziario, e a parlare dei suoi effetti. Adesso. Ma prima, più di vent’anni fa, quando giustizialismo e gogna mediatica s’imposero e cominciò ad agire questa combine fra giudici e giornalisti, pochissime voci si levarono non tanto o soltanto ad evidenziarla ma a strutturarne in una narrazione organica le innovazioni, chiamiamole così, nella propria effettualità giustizialista, politica e storica. Non a caso fu il nostro direttore, Arturo Diaconale, il primo, se non l’unico, che col suo volume “Tecnica moderna del colpo di Stato: magistrati e giornalisti” (edizioni Spirali/Vel, settembre1995), coniugò l’evoluzione della conquista del potere nel corso del tempo, dalla furia popolare e delle barricate sette-ottocentesche alle novità del Novecento fino all’epoca postmoderna, agli anni Novanta. Nei quali l’esperienza italiana della conquista del potere si iscrive esemplarmente nella vicenda del pool di Mani Pulite.

“Basta infatti una giusta combinazione tra gruppi di magistrati inquirenti e di giornalisti dei grandi mezzi d’informazione e il gioco è fatto: eliminato Craxi, cade la Prima Repubblica, si condiziona la nascita della Seconda, si contribuisce a dare vita a un curioso “golpe di Stato”, senza folle, senza particolari violenze e spargimento di sangue. In nome e per conto della morale e nel rispetto formale delle leggi”. Viene dunque da lontano la potenza del circo mediatico-giudiziario (la giusta combinazione tra gruppi di magistrati e di giornalisti) se è vero, come è vero, che non solo ha distrutto un leader come Bettino Craxi e l’intera Prima Repubblica, ma ha condizionato a tal punto la Seconda da eliminarne il suo governo e un leader come Silvio Berlusconi che ne era l’incarnazione, l’anima, il frutto più significativo e accreditato.

Ma quella macchina infernale non si è fermata - non è ferma neanche oggi, come si vede - la sua sete di sangue politica è proceduta mettendo nel mirino Clemente Mastella e la moglie e facendo cadere il Governo Prodi di cui Clemente era autorevole ministro della Giustizia, costretto dunque alle dimissioni, “et pour cause”, e spedendo incredibilmente in carcere la consorte. Entrambi dichiarati innocenti, ma quasi dieci anni dopo. Complimenti. Nel frattempo della politica, quella vera, quella autonoma, quella autentica, la politica rappresentativa del corpus elettorale che elegge i parlamentari, gli unici che possono e devono legiferare erga omnes, giudici compresi, è rimasta una sbiadita, quasi invisibile immagine. Passando da una delegittimazione all’altra. E lasciamo stare, per carità di patria, responsabilità legislative e soprattutto governative - di diverso colore, beninteso - per le continue, mancate risposte al problema dei problemi, ovverossia la “giustizia che fa politica”.

Non vogliamo annoiare e annoiarci. Fatto sta che è proceduto sempre più spedito il cammino, in una con la costante delegittimazione della Polis, del tremendo bagaglio di detenzioni spericolate, di intercettazioni a strascico, di carriere distrutte, di governi messi in crisi, di centinaia se non migliaia di persone finite nel tritacarne mediatico sollevato da certe sentenze (vedi quella, peraltro di primo grado, dei conti della Lega sequestrati) e da Pubblici ministeri in inchieste nelle quali, spesso e volentieri, la giustizia diventa un teorema, sullo sfondo di una gogna mediatica dove, altrettanto spesso e altrettanto volentieri, si impone un moralismo d’accatto eppure funzionale alla denigrazione, alla distruzione d’immagine, alla devastazione di storie personali e collettive, alla sistematica fatwa anti-casta con la delegittimazione dei ciò che resta della politica. E poi?

Aggiornato il 18 settembre 2017 alle ore 19:28