Il Cavaliere cita Churchill e convince

È consuetudine in queste ore turbolenti dalle parti di Montecitorio, e non solo - “vero Movimento 5 Stelle?” - imprecare contro i sistemi elettorali democratici, e c’è sempre qualche motivo per farlo. Solo che ci si dimentica troppo spesso il memorabile adagio di Winston Churchill a proposito delle forme di governo: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme finora sperimentate”.

Bingo, verrebbe oggi voglia di esclamare, se non fosse che proprio in quanto tale, la democrazia e i suoi governi producono scontri non diversi da quello in corso a Montecitorio ma, al tempo stesso, necessitano di una quadra fondata sull’accordo proprio fra quelle forze che nel sistema ci credono, indipendentemente dalla loro collocazione sia al governo che all’opposizione. Certo, per un movimento come quello grillino che sul rabbioso e limaccioso “vaffa” ha fondato le basi del suo consenso per un’opposizione erga omnes, senza se e senza ma, da Forza Italia al Partito Democratico, accordarsi con gli altri su un sistema elettorale è una specie di ripiegamento ma anche un obbligo che proprio la democrazia impone. E sono, saranno, dolori per questi neofiti anche e soprattutto nel caso, malaugurato per l’Italia, in cui dovessero guidarla da Palazzo Chigi in caso di vittoria. Ma con quale sistema? Uninominale secco? Presidenziale? Proporzionale puro o alla tedesca? Qui iniziano, come si sa, le dolenti note, tanto più acute quanto più è stata sventolata la bandiera dell’opposizione più schifata, salvo poi accorgersi che delle inevitabili divisioni fra gli avversari, le più aspre e dolenti sono quelle interne ai partiti o movimenti che si spacciano come monolitici nella misura con la quale sanno rappresentare e vomitare gli umori di un’opinione pubblica di per sé mutevole. E il caso grillino è di palmare evidenza al punto tale da imporre una seconda consultazione-votazione on-line col doppio scopo di ricomporre i dissensi negli interna corporis da un lato e, dall’altro, di intercettare i nuovissimi malumori sopravvenuti.

Sembra facile, come diceva quel tale. Staremo a vedere. Del resto, le radicali differenziazioni di giudizi politici sulla proposta dei quattro per un sistema tedesco, a cominciare da quelle di Giorgio Napolitano e company, hanno condotto allo stallo, se non alla sua morte, come ha dichiarato lo sfiduciato (in tutti i sensi) relatore Emanuele Fiano, con precipue responsabilità del doppiogiochismo grillino in combutta coi franchi tiratori dello stesso Partito Democratico. Complimenti! Ma ciò che vorremmo sottolineare, fra le divergenze più autorevoli di questi giorni, quella di Angelo Panebianco e la risposta di Silvio Berlusconi. Il primo, per farla breve, ha scritto sul Corriere della Sera che questo modello tedesco porterebbe inevitabilmente a “una dissoluzione della democrazia a meno che non esista ancora da noi un qualche politico di razza in grado di tenere conto dell’interesse di tutti”.

A stretto giro di posta gli ha replicato un Cavaliere che ci è sembrato nella sua forma politica più smagliante, anche e soprattutto perché ha smontato implacabilmente l’impalcatura del ragionamento del pur autorevole politologo, con una chiusura finale che ci sembra fra le cose migliori riferite al sistema proporzionale nel mirino di Panebianco perché da costui ritenuto non in grado di fermare i Cinque Stelle: “Può darsi - gli ha replicato Berlusconi - ma col proporzionale i grillini possono andare al governo in un solo modo: col 51 per cento dei voti degli italiani. Non credo che questo accadrà mai, e se accadesse sarebbe una iattura, però la democrazia funziona così. Non si fanno le leggi elettorali contro qualcuno. È la maggioranza dei cittadini a scegliere chi deve governare. Se gli italiani volessero dare il 51 per cento ai grillini costoro avrebbero il legittimo diritto a governare. Certo, la democrazia non è un sistema perfetto, ma gli altri sono peggio”. Churchill docet.

Aggiornato il 12 giugno 2017 alle ore 17:29