Il bilancio in rosso del venticinquennale

Le tecniche dell’andata al potere si sono sviluppate evolvendosi nel corso del tempo. Dai libri di storia sappiamo che nell’Ottocento la più adottata era quella della rivolta popolare e delle barricate. Nella prima metà del Novecento siamo passati al colpo di mano sui punti nevralgici del Paese da parte di piccoli gruppi di rivoluzionari professionisti. E adesso, nell’epoca postmoderna, come si conquista il potere? La risposta è nella recente storia italiana, esattamente venticinque anni fa. Il fomite sta nell’esemplare vicenda di “Mani pulite”, nel suo pool, nelle loro imprese.

In effetti, basta una giusta combinazione tra gruppi, o pool, di magistrati inquirenti, i leggendari Pm e di giornalisti dei grandi giornali e delle televisioni, e “les jeux sont faits”. Crolla la Prima Repubblica, si condiziona a tal punto la nascita della Seconda che la stessa sembra preludere alla Terza sempre grazie a quella implacabile combinazione. Effettivamente, si assistette all’inedita nascita di una sorta di “colpo di Stato”, un golpe - per dire - ma senza le folle dell’Ottocento con le barricate nelle piazze, senza la violenza annessa e connessa ma immateriale. Un golpe, infine, compiuto in nome della morale, meglio del moralismo, nel rispetto formale delle leggi, ancorché interpretate e applicate ai dannati e ai salvati.

Un ottimo libro di Arturo Diaconale uscito in quegli anni puntualizzava e spiegava questa “Tecnica postmoderna del colpo di Stato: magistrati e giornalisti” ed è lecito domandarsi, un quarto di secolo dopo: è stato giusto, è stato diverso, è stato un bene? E quale bilancio ne possiamo trarre se lecitamente e storicamente ci chiediamo che cosa ne è derivato al Paese, che cosa abbiamo ottenuto? E che cosa, infine, abbiamo perso? È vero che “Mani pulite” fu la meritata punizione per gli euforici artefici negli anni Ottanta della crescita del debito dello Stato? Vuoi vedere che la vera colpa di tutto sia attribuibile al Bettino Craxi morto esule ad Hammamet, responsabile principale dell’aumento di un debito pubblico, causa di tutti i mali di oggi? Vediamo un po’, cifre di Bankitalia alla mano. Quando il Governo Craxi esordì nel 1983, il debito ammontava già al settanta per cento del Pil; ma questo debito aveva un’origine ben chiara e risaliva ai settanta consociativi e ipersindacalizzati emblematizzati dalla firma fra Gianni Agnelli e Luciano Lama dell’accordo sulla scala mobile, donde l’impazzimento del debito con l’inflazione a due cifre. Che ci pensò il Governo Craxi a ridurre da due a una cifra mentre l’economia cresceva del 4,5 per cento. E adesso?

Adesso, molti anni dopo la (falsa) rivoluzione del pool intesa a rovesciare l’Italia come un calzino, come stanno le cose, come va il debito pubblico, come stiamo? Semplice: il debito si è esattamente raddoppiato, il tenore di vita è calato del quattordici per cento e la produttività del venti per cento. Per non parlare della disoccupazione su vasta scala. E la corruzione? Raddoppiata anche questa rispetto ad allora, basta leggere le prime pagine dei quotidiani per essere edotti di inchieste, avvisi, arresti e rinvii a giudizio di politici e complici. A dire il vero, per ricordare questo venticinquennale, basterebbe appunto una simile lettura. Ma ciò che comportò “Mani pulite” andò ben oltre le iniziative penali, anche se a tal proposito vale la pena ricordare, sempre con dati ufficiali alla mano, che delle 4.500 persone finite sotto inchiesta del pool, e su 3.200 rinvii a giudizio, le condanne sono state 1.281 e le assoluzioni 1.111. Il che non può non riecheggiare il sinistro avvertimento di Francesco Saverio Borrelli: “Incarceriamo la gente per farla parlare e la scarceriamo dopo che hanno parlato”. Ovverosia: la metà circa di quei processi e di quegli arresti non erano necessari, non andavano fatti, o no?

Ma l’eredità più disastrosa di quell’evento è stata la distruzione dei partiti democratici che avevano risollevato l’Italia dalla guerra e dalla miseria, che l’avevano resa prospera e rispettata, produttiva e felice. Cancellati i partiti veri, formazioni storiche, comunità organizzate, divisi da ideologie, conflitti di classe, con migliaia di sezioni, di sedi, di funzionari, di associazioni, di congressi, di fiancheggiatori, di campagne elettorali, e tutto ciò comportava, ovviamente, vasti finanziamenti, alcuni anche illegali, immorali. Ma la rivoluzione, ripeto falsa, del manipulitismo, non solo non si è limitata a colpire le responsabilità personali di corrotti e corruttori, non solo ha fatto macerie dei loro partiti storici, ma ha miracolato il grande partito di lotta e di governo, quel Partito Democratico ex Partito Comunista Italiano che aveva le identiche responsabilità, le stesse colpe degli altri. La vera sigla sul venticinquesimo l’ha detta onestamente Francesco Saverio Borrelli: “Chiedo scusa per il disastro seguito a Mani pulite”. Non valeva la pena di buttare il mondo precedente per cadere in quello attuale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56