Anni e anni di antigarantismo

Non passa giorno che non si assista all’esecuzione sommaria (politica) di un qualche amministratore, assessore, sindaco o consigliere, tramite l’arma infallibile - ancorché giudiziaria - dell’avviso di garanzia con tanto d’iscrizione nel registro degli indagati. Anche se, a ben vedere, non sono infrequenti le assoluzioni degli stessi o d’altri, magari dopo anni di carcere di un qualche innocente (vedi il recentissimo caso da brividi del somalo in galera per anni e poi rilasciato).

D’altra parte, che dice la nuova, vecchia, recente, passata, in fieri, futuribile, insomma, che suggerisce la cosiddetta, seppur fantasmatica, riforma della giustizia, quella che per intenderci da oltre venti anni dovrebbe rimettere le cose a posto? Boh! Non si sa, non ci sono notizie, nulla di nuovo sul fronte di via Arenula dove il pur volonteroso ministro Andrea Orlando vivacchia, il Centro superiore della magistratura detta comunicati stricto iure, i tribunali oberati di pesi e sovrappesi, faticano, vanno avanti come prima più di prima, in ispecie il ramo accusa, quello più ricco di pesi, di frutti, di gemme, di sorprese, d’iniziative e pure di scoop; altrimenti che “accusa” è? Ma tant’è.

In un Paese normale capace di un minimo, non un massimo, di rispetto dei valori di uno Stato di diritto si comprenderebbe assai bene quanta civiltà vi sia nella presunzione di innocenza, quale tesoro di dignità e di rispetto reciproco e quale luce di buon esempio emanerebbe. E ne trarrebbe le conseguenze, legali, giudiziarie, economiche e politiche. Pubbliche e private, insomma. Diciamo comunque che l’avvento del grillismo ha dato un impulso robusto alla continuazione del mitico status quo ante, riferito appunto al mito Tangentopoli e alle sue conseguenze, fra cui la distruzione della stessa politica oltre che dei partiti che hanno retto nella democrazia e nel benessere oltre cinquant’anni di storia italiana. Dopo quel mito, un’altra res nova, una novità dagli effetti a dir poco devastanti. Difatti la “grillizzazione” mentale ha fatto irruzione in ciò che chiamiamo impropriamente civitas o polis, compiendo un capolavoro sia pure alla rovescia, ma pur sempre un ottimo lavoro in appoggio alla cosiddetta obbligatorietà dell’azione penale, facendo così dell’avviso di garanzia un’opa sulla condanna, una sentenza di morte politica, una pietra da offrire per legarsi al collo onde affondare più in fretta nel fango sparso a piene mani dai soliti mass media. Quando però è toccato a loro l’avviso con relativa iscrizione ecco che cambia la musica, dal “Dies irae” per seppellire i “dead men walking” degli altri partiti si è passati alla “Marcia dell’Aida” per i propri indagati, intonsi e intoccabili. Doppiopesismo? Doppiogiochismo? Macché: garantismo e rispetto dell’operato del sempre e comunque onesto amministratore pentastellato perché appartiene ad una razza nuovissima, ad una élite diversa, lontana dalla sottospecie di questa politica, emulsionata, si direbbe, dalla leggendaria società civile e da questa benedetta e protetta.

Ma forse hanno ragione loro, forse fanno bene a dare del ladro agli avversari, forse fanno bene a sputare sui nemici politici, cioè tutti gli altri. Hanno avuto esempi illustri cui riferirsi. E infatti, non avevano fatto così anche i post-comunisti ai tempi di “Mani Pulite”? Monetine contro Bettino Craxi, minacce di ergastoli a Giulio Andreotti, giustizialismo e giacobinismo a go go; e non dimentichiamo mai quel “vai avanti Di Pietro!” urlato ma aggiungendo sottovoce: tieni giù le mani da noi, che siamo puliti, onesti, diversi, etici, morali e pure moralisti. Cos’è cambiato da allora? Almeno come parole d’ordine? “Plus ça change, plus c’est la même chose!” A meno che...

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59