Dimenticare gli anni peggiori della nostra storia imprenditoriale

Quasi in modo sistematico qualcuno ricorda momenti positivi di periodi in cui nel comparto delle infrastrutture e dei trasporti si sono succeduti Governi al cui interno ricoprivano il ruolo di ministri Graziano Delrio, Danilo Toninelli, Paola De Micheli e Enrico Giovannini. Senza dubbio questi apprezzamenti diventano sempre più rari, ma come i virus influenzali ogni tanto si ripetono. Fortunatamente, in questi casi vengono subito in soccorso comunicati e atti formali relativi ad infrastrutture che dal 2015 alla fine del 2022, praticamente in un arco temporale di otto anni, erano rimaste praticamente ferme o avevano visto l’apertura dei cantieri dopo anni di prolungata stasi dalla approvazione definitiva del Cipe. Per evitare che a livello mediatico, come dicevo prima, si continui a osannare un passato da dimenticare, porto, in modo sintetico alcuni esempi.

– La pedemontana lombarda: il costo dell’opera è di 4,5 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi di contributo pubblico. Il presidente di Autostrada pedemontana Lombarda, Luigi Roth, ha dichiarato ultimamente: “Stiamo per completare il percorso procedurale e lavoriamo con il contraente generale per definire gli aspetti operativi ed aprire i primi cantieri; stiamo riattivando, in realtà, un progetto fermo dal 2015”.

– La strada statale 106 Jonica: su precisa volontà delle tre Regioni (Puglia, Basilicata e Calabria) l’intervento di riqualificazione funzionale dell’asse stradale 106 fu inserito nel primo programma delle Infrastrutture strategiche (delibera Cipe numero 121/2001) nell’ambito della Legge Obiettivo. Ho presieduto, come capo della Struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel 2013 e nel 2014, le Conferenze dei servizi del terzo macro-lotto Roseto-Capo Spulico, un lotto lungo 38 chilometri approvato dall’Anas il 27 novembre del 2013 per un valore di circa 1, 2 miliardi di euro. Per sette anni (dal 2013 fino al 2020) tutto si è praticamente fermato. Solo lo scorso anno il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, con la sua tenacia, ha ottenuto un interessante copertura di 3 miliardi di euro per continuare a realizzare questo asse.

– L’autostrada “Pontina”: prima o poi qualcuno chiederà le ragioni che hanno portato alla mancata realizzazione dell’asse autostradale che collega l’autostrada A12 (Tirrenica) con l’autostrada A1. La Legge Obiettivo aveva inserito tale opere tra gli interventi strategici e ne aveva anche garantito la copertura finanziaria per circa 2,4 miliardi di euro. Si era fatta la gara, c’era stato un contenzioso, tutto si stava anche risolvendo quando l’allora ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, decise di dare mandato all’Anas di realizzare l’opera annullando tutto quello che per oltre 21 anni si era cercato di portare a compimento. C’è però nel caso specifico un fatto tutto particolare: come detto prima, questo progetto ha una rilevanza strategica, è fondamentale non perché assicura un collegamento tra due nuclei urbani all’interno di una Regione. Ma è un’opera che, se non realizzata, creerà nel prossimo biennio, un trombo irreversibile nell’arteria viaria tirrenica, un’arteria che per oltre il 60 per cento assicura le interazioni tra il Nord ed il Sud del Paese. Tutto questo, insisto, esploderà presto e diventerà un boomerang l’aver fornito certezze e assicurazioni su un’opera bloccata senza alcuna motivazione.

– Gli assi ferroviari ad alta velocità Palermo-Catania e Catania-Messina. Nel 2013 il Governo, convinto dell’urgenza di realizzare i collegamenti ferroviari ad alta velocità delle tratte Napoli- Bari e Palermo-Catania, nominò l’allora Amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (Rfi) commissario per l’attuazione di simili interventi; grazie a tale decisione, la tratta Napoli-Bari è oggi in avanzata fase realizzativa, gli interventi in Sicilia coperti finanziariamente dal Fondo di sviluppo e coesione e dal Pnrr, per un valore di circa 7 miliardi di euro, sono rimasti fermi fino al 2023; cioè per otto anni.

– Il ponte sullo Stretto di Messina. Ormai è storia consolidata; in questo caso addirittura nel 2011 si era pronti a dare concreto avvio alla realizzazione dell’opera e poi tutto fu bloccato dal Governo Monti. Anche in questo caso c’è stato un ricordo dell’ex Rettore della Università degli Studi di Palermo, Fabrizio Micari, che riconosce alla sinistra, lui li definisce i “padri storici”, a sostenere il ponte. In particolare, il professor Micari ricorda gli impegni su tale opera da parte di Romando Prodi e di Jacques Delors. Io dal 2002 al 2007 sono stato rappresentante del Governo italiano nella redazione delle Reti Ten-T e posso testimoniare che i meriti per l’inserimento dell’opera nelle Reti Ten-T sono a livello europeo dei commissari Karel Van Miert e Loyola de Palacio e a livello italiano del presidente Silvio Berlusconi e del ministro Pietro Lunardi. Lunardi ha dovuto combattere contro attacchi virulenti della sinistra e, a tale proposito, non posso non ricordare l’aggressione mirata in sede comunitaria da parte dell’ex parlamentare europeo, Claudio Fava. Il presidente Prodi non fu contrario al Ponte, ma ribadì sempre che l’opera andava fatta dopo la realizzazione di una serie di interventi. Delors, invece, non propose mai il Corridoio Berlino-Palermo perché tale Corridoio comparve solo nella redazione delle Reti Ten-T del 2005 ed è strano che il professor Fabrizio Micari commetta un simile errore; Delors ritenne in una intervista che il Ponte prima o poi si sarebbe realizzato ma niente di più. Anche questa opera è rimasta ferma per 13 anni.

Potrei continuare ad elencare la serie di opere che hanno, praticamente, accumulato ritardi o, addirittura come il caso della “Pontina”, sono state del tutto annullate nella loro impostazione iniziale. In realtà, questo lavoro lo faccio sistematicamente non solo per ricordare a coloro che cercano di utilizzare l’oblio per raccontare successi e avanzamenti infrastrutturali del passato che, invece, non si sono verificati, ma anche perché il vuoto di attività per otto anni, o addirittura come nel caso del Ponte per 13 anni, deve essere un riferimento obbligato per chi oggi al Governo vuole evitare di cadere negli stessi errori.

Penso che, a tal proposito, sia anche utile e più incisivo, in questo confronto, in questa lettura storica, il dato relativo alle risorse realmente attivate e spese: dal 2002 (cioè dalla data in cui il Parlamento ha varato la Legge con cui si è data copertura alle opere previste dalla Legge Obiettivo) al 2014. E quindi, in un arco temporale di 12 anni, la spesa globale, ripeto, attivata e spesa, è stata di 232 miliardi di euro; invece dal 2015 al 2022 l’importo attivato e speso per la realizzazione di opere infrastrutturali non ha superato la soglia dei 16 miliardi di euro.

Ho sempre anche tentato di motivare una simile scelta e questo l’ho fatto perché non voglio che la responsabilità di questa stasi ricada sulle strutture pubbliche preposte alla gestione e alla concreta realizzazione delle opere programmate; ebbene, per questo motivo ho ricordato più volte che questa lunga stasi era da addebitare ai Governi che si erano succeduti sin dal 2015, perché avevano preferito utilizzare risorse pari annualmente a circa 50-60 miliardi di euro per l’aumento del salario minimo, per il Reddito di cittadinanza e per il “quota” 100. In realtà, i passati Governi avevano preferito utilizzare risorse in conto esercizio e non risorse in conto capitale. In questo modo, i vari Governi avevano bloccato l’avanzamento di opere progettate e in molti casi già approvate dal Cipe e questa scelta ha prodotto il fallimento di molte imprese di costruzione (oltre 120mila), il crollo occupazionale (si sono perse oltre 600mila unità lavorative) ed un simile crollo ha inciso molto nella formazione del Pil. A tale proposito, non posso non ricordare che fino al 2014 il comparto delle costruzioni partecipava nella formazione del Pil del Paese per una percentuale pari al 20-25 per cento ultimamente tale soglia era scesa al 6-7 per cento.

Quindi, formulo una richiesta a coloro che, invece, continuano ad appoggiare l’operato dei passati Governi, della passata Legislatura: cechiamo di dimenticare questi lunghi anni. È stato il periodo peggiore della nostra storia imprenditoriale, del nostro sistema del “fare”.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 28 marzo 2024 alle ore 11:46