Bianchi (Ance): “Il Codice degli appalti va abolito”

“È inutile andare avanti a deroghe, meglio sarebbe abolire il Codice degli appalti ed ammettere che è stato un fallimento”. Edoardo Bianchi, vicepresidente dell’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili italiani, passa all’attacco in questa intervista per L’Opinione e spiega a tutti “di che lagrime grondi e di che sangue” questa ennesima complicanza burocratica.

Perché dice così?

È sotto gli occhi di tutti. Non a caso è l’unica legge senza nome (in precedenza ci furono la Legge Merloni, il Codice De Lise) ma identificata solo con un numero (Decreto legislativo 50) perché già al momento della sua nascita i padri biologici, accortisi dell’atto contro natura, ne presero le distanze. Unica legge le cui previsioni (talmente complesse) dopo tre anni era stato possibile attuare in ragione di un solo 30 per cento.

E come si fa senza?

Non è certo il ricorso a procedure straordinarie, eccezionali e continuamente derogatorie la risposta a quanto denunciamo da anni. Non siamo affatto accalorati dalla disputa sui commissari straordinari. Non è questa la risposta giusta. Forse potrebbe esserlo in pochissimi casi che non debbono andare oltre le dita di una mano. Comunque, laddove necessari debbono essere utilizzati per tentare di risolvere i problemi a monte di una procedura di appalto (tempi di attraversamento), quelli cioè relativi all’ottenimento delle varie autorizzazioni afferenti i progetti da mandare in gara, e non con poteri in fase di individuazione dell’aggiudicatario. Sotto questo aspetto la esperienza del commissario Maurizio Gentile di Rfi sulla Av Napoli-Bari rappresenta un modello da seguire.

Conseguenze di questa situazione?

Avere un Paese che da mesi è sotto procedure di infrazione da parte dell’Europa su argomenti sensibili quali i “termini di pagamento” ed il “subappalto”. Come se nulla fosse lo stesso Paese continua disattendere anche i dispositivi delle sentenze di condanna europea.

Che proposte fa l’Ance?

Senza scendere nel merito di ogni singola proposta, riteniamo che vi debba essere un primo momento (Fase 1) con un pacchetto di norme finalizzate a farci trovare pronti ad aprire cantieri da qui ai prossimi 30-60 giorni quando sarà possibile ipotizzare un progressivo ritorno alla quotidianità anche lavorativa. In questa fase deve essere privilegiata la capacità soprattutto degli enti locali di fare atterrare risorse favorendo, per gli importi meno elevati, anche la filiera corta. Questa fase dovrebbe durare a tutto il 2020, ipotizzando con il nuovo anno un ritorno alla normalità ante Covid-19. In un secondo momento (Fase 2) serve un pacchetto di norme finalizzate a risolvere i temi ancora aperti ante Covid-19. Infine, una risposta politica responsabile che consenta la piena attuazione di un sistema normativo binario basato su una nuova legge per i lavori pubblici, che rottami definitivamente il Codice 50 e poi un nuovo regolamento (che avrebbe dovuto essere vigente da dicembre 2019) che faccia ordine nel caos creato dalle cosiddette linee guida.

Se invece si andrà avanti come adesso?

Dio non voglia! Significherebbe condannare inevitabilmente a morte un intero settore esponendo al contempo il Paese a costi per spesa sociale di difficile reperimento. Anche gli ultimi provvedimenti del Governo sono assolutamente inadeguati. I contenuti del decreto liquidità non serviranno a nulla perché in questo momento serve liquidità non garanzie, peraltro, con procedure farraginose e con istruttorie lunghissime.

E quindi?

Ance non presterà alcuna complicità a questo continuo atteggiamento di non affrontare i problemi con tempestività e puntualità, nel decreto di aprile i nostri suggerimenti debbono trovare accoglimento e non parteciperemo ad alcuna fiera al ribasso. La valutazione di quanto già non funzionava, alla luce della nuova realtà che stiamo vivendo ci impone di fare una passo in avanti per evitare che scampati e sopravvissuti al Covid-19 moriremo di crisi economica.

Conclusione?

Utilizzando le parole di un caro amico, mi viene da dire che vi sono oggi temi sul tappeto che richiedono la elaborazione di paradigmi nuovi perché nuovo e sconosciuto è il tempo che ci aspetta.

Ma è tutta colpa del Codice degli appalti questa situazione?

No, ma è la ciliegiona sulla torta. Si badi bene, il Codice non è oggi il solo problema, perché gran parte di esso è congelato. Ma – come un virus – l’infezione è andata talmente avanti e si è estesa così a macchia di olio che è corretto ricondurla ad una pluralità di cause tutte di primaria importanza. Il Codice è una di queste (forse la principale).

 

 

Aggiornato il 14 aprile 2020 alle ore 12:25