L’edilizia non esulta per la manovrina di governo

Non si può andare avanti con il “braccino corto”. Ci vorrebbe uno shock fiscale, con lo Stato Leviatano che rinunciasse almeno per un annetto a vessare le piccole o medie imprese, ma qui nel Decreto Conte al massimo ti rinviano di quattro giorni o di un mese dei versamenti che comunque si dovranno fare. Così non si va da nessuna parte. Il pensiero dei piccoli e grandi imprenditori del settore edilizia e appalti pubblici grosso modo è questo. Con la grande preoccupazione che portano le ambiguità dell’Articolo 49 del decreto “Cura Italia” a proposito delle garanzie verosimilmente a carico della Cassa depositi e prestiti. Il tutto in un quadro in cui Astaldi spa, grande colosso nel settore delle costruzioni, è in concordato preventivo e per il 26 marzo ha convocato l’adunanza di tutti i creditori con proposte tipo “prendere o lasciare”.

E ad esprimere il loro voto. La difficile situazione che vede coinvolta Astaldi ha creato grandi difficoltà a tutta una filiera di imprese occupate nel settore delle costruzioni. Ma qualcuno si occupa di questa filiera? La risposta è, purtroppo, no. E allora come si salva il settore? Le voci che si raccolgono spaziano dalla constatazione che le associazioni sindacali e confindustriali per ora sono mute alla fosca previsione che ormai per l’Italia non ci sia più nulla da fare.

Si diceva delle ambiguità di questo articolo 49 del Decreto Conte dello scorso 17 marzo (emanato nottetempo). Quel che preoccupa è il divario tra una garanzia teorica di 5 milioni di euro e una garantita da un milione e mezzo.

Cosa diavolo significa? Vediamo il testo: “Art. 49 (Fondo centrale di garanzia Pmi) 1. Per la durata di 9 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in deroga alle vigenti disposizioni del Fondo di cui all’art. 2, comma 100, lett. a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 si applicano le seguenti misure: a) la garanzia è concessa a titolo gratuito; b) l’importo massimo garantito per singola impresa è elevato, nel rispetto della disciplina Ue a 5 milioni di euro; c) per gli interventi di garanzia diretta, la percentuale di copertura è pari all’80 per cento dell’ammontare di ciascuna operazione di finanziamento per un importo massimo garantito per singola impresa di 1.500.000 euro. Per gli interventi di riassicurazione la percentuale di copertura è pari al 90 per cento dell’importo garantito dal Confidi o da altro fondo di garanzia, a condizione che le garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell’80 per cento e per un importo massimo garantito per singola impresa di 1.500.000 euro...”.

Salta agli occhi come nel settore appalti pubblici queste garanzie siano largamente insufficienti. Inoltre c’è sempre la furbizia del Leviatano: una garanzia teorica da 5 milioni di euro e una pratica da un milione e mezzo. Alla fine per imprese ormai quasi tutte fallite del settore edilizia e grandi appalti questo “grande aiuto” non servirà a niente. È una previsione pessimistica ma con questa gente che ci governa l’ottimismo non se lo può permettere nessuno.

Aggiornato il 19 marzo 2020 alle ore 12:53