Chi garantirà i soldi di Cdp nell’operazione Astaldi-Impregilo?

Si sta vedendo in questi giorni che cura del denaro pubblico hanno avuto i governi che hanno utilizzato disinvoltamente la Cassa depositi e prestiti per rattoppare i buchi economici delle aziende decotte, pubbliche, private e miste. Da ultimo con Alitalia.

Se un mercato non c’è più o non è più come prima non è che lo si resuscita mobilitando i soldi di Cdp e gettandoli di fatto in pozzi senza fondo. E questa notazione vale anche per altre azioni di salvataggio in corso in questi mesi. Tanto per non fare nomi, quella di Astaldi, patrocinata da Salini-Impregilo, con cifre non meglio identificate (300 milioni di euro) garantite alle varie banche proprio da Cdp. Qualcuno si sta muovendo preventivamente. Siamo sicuri che la ricetta è quella giusta per salvare l’edilizia? E se poi non funzionasse data l’attuale crisi? Ma i soldi di Cdp chi li garantisce? Ovviamente noi contribuenti con questo sistema infernale di tassa e spendi.

Notizia di poche ore fa è il via libera dei commissari giudiziali al piano concordatario di Astaldi. Il salvataggio e il rilancio del colosso delle costruzioni rientra nel cosiddetto “Progetto Italia”. Ovvero, una operazione di consolidamento che vede l’intervento dello Stato mediante la Cassa depositi e prestiti.

Salini-Impregilo ha messo sul tavolo 225 milioni di euro. Con questi soldi il gruppo diventerà proprietario del 65 per cento della “Nuova Astaldi”. Come però chiesto da Salini, la “Nuova Astaldi” sarà libera dai vecchi debiti: tutti gli attuali creditori verranno soddisfatti con quote societarie o ricavi da vendita di asset.

“Progetto Italia” viene infatti presentata come una operazione che consentirà al settore delle costruzioni di rafforzarsi, mediante il riavvio di opere bloccate e mettendo in sicurezza quelle pianificate per il prossimo triennio. Nessuno dice, però, che il piano concordatario di Astaldi prevede la distruzione di decine, centinaia di aziende medie e piccole che negli anni hanno fornito servizi, materie prime e manodopera al colosso ora in difficoltà. Ovvero, i creditori.

E soprattutto nessuno racconta che se tutta l’operazione un domani fallisse e finisse, come si dice a Roma, “in vacca”, proprio come per l’Alitalia e i suoi numerosi finti salvataggi, la Cassa depositi e Prestiti avrebbe di fatto buttato a mare i soldi degli italiani.

Aggiornato il 14 febbraio 2020 alle ore 10:16