Dalla padella alla brace

Mentre il fisco magnifica sui mezzi d’informazione la nascita della nuova cartella colorata, esempio della volontà di semplificazione, gli italiani come sempre sono impantanati nel delirio fiscale.

In questo mese, infatti, oltre alle solite scadenze, per via della immancabile trasandatezza della politica verso i cittadini, arriva a scadenza la “rottamazione”. Quello della rottamazione fiscale è il più classico esempio di come in Italia si riesca a trasformare qualcosa di intelligente, in una Via Crucis esasperante e inaccettabile. Qui non si tratta di capire quanto sia ovvio che concedere solo cinque rate per il pagamento sarebbe stato un problema, ma di considerare l’incredibilità del contesto complessivo.

Il fisco a fronte della domanda di rottamazione si era impegnato a rispondere a tutti tassativamente entro il quindici giugno. Questa data, ammesso che fosse stata rispettata, avrebbe comunque concesso ai contribuenti solo quarantacinque giorni per decidere, programmare, disporre il necessario per saldare la prima rata del trentuno luglio. Purtroppo però la realtà è andata oltre la più pessimistica immaginazione, perché una moltitudine di risposte, specialmente per posta, sono giunte ai contribuenti con una o due settimane di ritardo. Come se non bastasse nelle risposte sono stati segnalati una quantità di errori da parte dell’amministrazione, nel senso cioè che ci si è visti inserire o disinserire cifre e avvisi non previsti. Inoltre una quantità di cittadini nella replica del fisco non si sono visti riconoscere, così sembra, lo scomputo dei rateizzi già pagati per le cartelle da rottamare.

Insomma, per farla breve tantissime persone con meno di un mese a disposizione cercano e stanno cercando di venire a capo di questo ennesimo parapiglia subito. Parliamo, infatti, di errori dell’amministrazione a fronte dei quali i contribuenti non si vedono riconoscere nemmeno un giorno di tempo in più per risolvere il caso. Come al solito, se sbaglia il contribuente paga, se sbaglia lo Stato non paga mai. Oltretutto è qui viene il bello, con il fisco per via di leggi vessatorie, non solo non è facile correggere gli errori, ma la lotta contro il tempo è drammatica perché basta un giorno di ritardo e scatta la tagliola.

Insomma ci chiediamo e chiediamo alla politica:  “È mai possibile andare avanti così? È questo il fisco amico di cui parlano”. A che serve emanare un provvedimento utile se poi lo si accompagna con regole vessatorie e persecutorie, che anche quando non si ha colpa scattano lo stesso.

La sbandierata chiusura di Equitalia doveva, infatti, coincidere con l’inizio di una nuova e conciliante stagione fra fisco e contribuenti, in grado di unire le reciproche esigenze. Al contrario, Equitalia ha solo cambiato nome, ma le sue prerogative sono passate tali e quali all’ Agenzia delle entrate, semmai peggiorate da ulteriori clausole. È cambiato il logo ma non è cambiato nulla di ciò che passo dopo passo ha generato una vera guerra fra fisco e cittadini e purtroppo la rottamazione lo sta testimoniando.

Sia chiaro, la colpa è della politica e delle leggi che emana, perché al nuovo capo del fisco Ernesto Ruffini va riconosciuta una diversa sensibilità verso i problemi collettivi. Eppure per quanto Ruffini volenterosamente si ponga dietro i malfunzionamenti, senza un sostegno parlamentare poco può cambiare. Per questo chiediamo che non solo si riaprano i termini della rottamazione per le ragioni evidenti, ma che una volta per tutte ci si metta dalla parte del cittadino. Parliamo di quel cittadino che non è un criminale evasore, uno che ha portato i soldi all’estero o combinato truffe fiscali milionarie, ma di quello che per un motivo o per l’altro si trova nei guai per cifre ben diverse.

Del resto se si vuole veramente dare un senso allo slogan fisco amico, se si vuole veramente aprire una stagione nuova e collaborativa, se si vuole davvero risolvere il problema, serve comprensione, ragionevolezza e realismo. Altrimenti il rischio non solo sarà quello di esacerbare ulteriormente gli animi anziché alleggerirli, ma di convincere i cittadini che con la chiusura di Equitalia si è solo passati dalla padella alla brace, una presa in giro.

Aggiornato il 22 luglio 2017 alle ore 17:15