I redditi degli italiani: una brutta fotografia

Le chiacchiere sono chiacchiere, mentre i numeri sono testardi. Accade che a smentire la propaganda del Partito Democratico, che non smette di raccontarci di quanto sia ripartita l’Italia e di quanto stiano meglio gli italiani, ci pensino i dati implacabili del ministero dell’Economia e delle Finanze sulle “Dichiarazioni dei redditi persone fisiche (Irpef) per l’anno di imposta 2015”. Non sono una catastrofe, tuttavia restituiscono il quadro d’insieme di un Paese sostanzialmente fermo dove chi se la passa male è un cittadino su quattro. I numeri prima di tutto.

In Italia, al 1 gennaio 2016, sono censiti 60 milioni 656mila residenti. Di questi, 5 milioni 54mila, cioè l’8,3 per cento della popolazione, sono stranieri. Stando al Mef, per l’anno 2015 hanno assolto l’obbligo dichiarativo circa 40,8 milioni di contribuenti, segnando un incremento rispetto all’anno precedente dello 0,1 per cento. Di questi, 19,7 milioni hanno utilizzato il “Modello 730”, 9,8 milioni di persone hanno presentato il “Modello Unico”, mentre i dati di 11,2 milioni di contribuenti non tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi sono stati desunti dai “Modelli CU” presentati dai sostituti d’imposta. Considerando che l’imposta netta è stata dichiarata da 30,9 milioni di soggetti, pari al 76 per cento dei contribuenti, si deduce che 10 milioni di persone hanno un’imposta netta pari a zero per effetto dei livelli reddituali raggiunti che rientrano nelle soglie di esenzione. Tradotto dal burocratese vuol dire che non guadagnano a sufficienza neanche per il fisco.

Da questa rappresentazione, poi, sfuggono totalmente tutti coloro che non avendo svolto alcun tipo di prestazione lavorativa non sono captabili attraverso le dichiarazioni dei sostituti d’imposta. I dati Istat del 2015 parlano di 4 milioni 598mila residenti in Italia in condizione di povertà assoluta. Facendo quattro conti si ricava che: il 7,6 per cento di chi sta in Italia non ha nulla; il 16,5 per cento dei potenziali contribuenti produce un reddito sotto la soglia di tassazione. Tirando le somme: un quarto complessivo della popolazione residente se la passa male. O anche peggio.

Ora, se la situazione è quella fotografata dal Mef, che non avrebbe alcun motivo per truccare i conti pur di fare apparire gli italiani più poveri di quanto non siano nella realtà, esiste o no un problema di declino della nostra società che non è curabile con i pannicelli caldi proposti dal centrosinistra? C’è poco che fare: o si intraprendono misure economiche coraggiose o si va a fondo. Uno Stato che deve farsi carico di una quantità gigantesca d’incapienti, loro malgrado, non ce la può fare. Non ha neanche la forza di mettere in campo quelle misure minime di welfare per affrontare il disagio e la disperazione dei cittadini. I dilettanti allo sbaraglio del Movimento Cinque Stelle la fanno facile con la storiella del reddito di cittadinanza: ma non si rendono conto che così illudono la povera gente? In realtà, è davvero complicato tirare fuori la ricetta giusta. C’è chi sostiene che un taglio radicale della pressione fiscale rimetterebbe di colpo in moto la macchina produttiva. Può darsi, ma è legittimo qualche dubbio. Se agli imprenditori, in particolare quelli grandi, si concede di liberare risorsa è certo che poi costoro la reinvestano nell’impresa? O piuttosto non preferiscono far fruttare il denaro dirottandolo verso la rendita finanziaria?

Comunque, ammesso che quel denaro ritorni nel circuito produttivo, i dati dimostrano che gli investimenti si orientano verso l’acquisizione di nuove tecnologie e non certo nel reclutamento di capitale umano. Ne consegue che non necessariamente all’aumento della produzione corrisponda la crescita dell’occupazione. E visto che, stando ai dati ministeriali, i redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentano circa l’82 per cento del reddito complessivo dichiarato, se non aumenta la platea degli occupati come si pensa di far ripartire i consumi? Alla fine della fiera, l’unica cosa certa è che ci vuole qualcuno che abbia gli attributi giusti per governare questa fase decisiva per le sorti del Paese. Ma se vi guardate attorno non è che ne troverete molti degli aspiranti “condottieri” che abbiano le carte in regola per fare ciò che deve essere fatto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:27