Il vento divino del kamikaze monetario

Tranquillizzo l’eccellente Claudio Romiti: non ho alcuna intenzione di lanciarmi dalla Torre Eiffel, con o senza paracadute. Detto ciò provo a mettere in ordine i dati analitici sulla questione del dentro o fuori dell’Euro. A cominciare dal fattore-tempo, che ha un peso fondamentale nel comprendere le dinamiche del dibattito sul futuro della moneta unica. Il dato saliente è che fino a sette mesi orsono proporre l’uscita dall’Euro sarebbe stato a dir poco velleitario, oggi invece è una delle opzioni sul tavolo delle cancellerie europee a causa del verificarsi di due mutamenti di scenario molto rilevanti: la Brexit nel Regno Unito e la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti.

Sorvolando sulla vicenda britannica, prestiamo attenzione alla guerra commerciale annunciata dal neo-presidente degli Usa in danno dei più forti competitori commerciali del suo Paese: Cina e Germania in testa. È di tutta evidenza che i Paesi entrati nel mirino di Washington vogliano difendersi. La Germania ha cominciato a farlo prospettando un suo riposizionamento strategico in favore della disarticolazione del sistema valutario dell’area Euro. Attenzione! Qui non si parla degli ululati alla luna dei sovranisti, ma della decisione del dominus del motore europeo di voltare le spalle ai partner non appena le cose si mettono male ma non prima di averli spremuti fino al midollo per le proprie convenienze. Verrebbe da dire: i soliti tedeschi, ma tant’è.

Il progetto di un’Europa a due velocità che sottende alla creazione di una doppia moneta di differente peso nell’area Euro è l’ultimo diktat di Angela Merkel, non di Giorgia Meloni. Il problema, a questo punto, non è più tecnico ma “political will”, di volontà politica, e le classi dirigenti interessate devono rispondere sul punto: si pensa di concorrere a governare un processo di destrutturazione valutaria che si annuncia complicatissimo o si preferisce mettere la testa sotto la sabbia aspettando di subire le decisioni prese da altri? Ritengo che l’elettorato italiano gradirebbe votare una forza politica che dimostri di avere le idee chiare sul che fare per pilotare proficuamente la crisi, piuttosto che affidarsi a una banda di dilettanti allo sbaraglio o di servi/complici dei poteri forti. Convengo che l’idea di mettere in piedi un sistema in tutto o in parte alternativo alla moneta unica sia qualcosa che fa tremare le vene e i polsi. Solo uno sciocco potrebbe considerare realistico sentenziare: “Oggi si esce dall’Euro”. Non è così che funziona. C’è un problema gigantesco di ridenominazione del debito per risolvere il quale non basta un algoritmo. Fonti autorevoli stimano che, in caso di ritorno a una moneta nazionale svalutata del 30 per cento rispetto all’Euro-Marco, 1880 miliardi di Buoni del tesoro pluriennali (Btp) verrebbero ridenominati nella nuova divisa valutaria generando un gain in termini di beneficio di risparmio. Non però la restante metà dei Btp dei quali una quota di 48 miliardi segue le normative estere cui è sottoposta, mentre altri 902 miliardi sono bloccati dalle Clausole di azione collettiva (Cac) volute dal Governo Monti proprio per impedire futuri scenari di ristrutturazione unilaterale del debito. Piccolo particolare: il sistema Cac ha efficacia progressiva, cioè esso si estende a tutti i Btp emessi dopo il 2013. L’effetto sulla convertibilità, calcolato grazie all’ottimo studio svolto dai super-esperti Antonio Guglielmi e Marcello Minenna per conto di Mediobanca, porta a concludere che se il “divorzio” dalla moneta unica avvenisse entro il 2017 produrrebbe una perdita netta sulle obbligazioni Cac di 249 miliardi. Se invece si producesse nel 2020, la perdita salirebbe a 354 miliardi di euro.

Con questi numeri ben si comprende che nessuna ipotesi d’uscita sarebbe prospettabile se non integralmente negoziata con tutte le controparti in campo, a partire dalla Banca centrale europea. A meno che non sia la Germania a dichiarare il game over decidendo “inaudita altera parte”, cosa fare dei debiti pubblici dei partner. Questo scenario ci riporta alla domanda: il futuro lo scegliamo da noi o aspettiamo che sia qualche potere alieno a dettarci la linea?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:30