Di tutte le avanguardie e transavanguardie del Novecento restano ormai soltanto le ceneri e nessuna Fenice. Il Futurismo è un vacuo fantasma superato dal suo stesso nome, da quel Futuro che mai fu e che ben altro sarà e lo stesso vale per tutti quei movimenti artistici di frattura che, sebbene abbiano segnato il proprio tempo, a esso non sono sopravvissuti. Mentre loro, Loro, i giovani Dante Gabriel Rossetti e suo fratello William Michael, John Everett Millais e Ford Madox Brown, disperatamente romantici, creatori e appartenenti alla Confraternita Preraffaellita, superando tutti e persino i loro di poco antecedenti Nazareni, sono ancora qui, più vivi e splendenti che mai. Nulla di loro sa di vetusto o di obsoleto, il loro “passato” è più attuale che mai, anzi eterno, oseremmo affermare con assoluta caparbietà, scintillante nel loro vasto universo simbolico di miti, leggende e bellissime donne.

Polverizza, quindi, ogni altra mostra trascorsa, in corso e futura, l’attuale Preraffaelliti. Rinascimento moderno in auge al magnifico spazio forlivese del Museo civico San Domenico, aperta sino al prossimo 30 giugno. Una gioia per gli occhi e per l’anima visitarla, estasiati. Un dovere vederla e lasciarsene avvolgere in quel profumo di rose, di mirra e di benzoino, tra languidi abbracci e corrusche armature. Oltre trecento opere, ma non solo dipinti, perché saggiamente i curatori hanno scelto di mostrare anche parte dell’immensità dell’arte applicata dai giovani folli e ribelli che furono Rossetti, Edward Burne-Jones e William Morris, i quali, insieme con tutti gli altri, illuminarono il mondo con sculture, disegni e stampe, con i loro famosi arredi che andavano dal mobilio medievaleggiante alle ceramiche, passando attraverso le stoffe e i tessuti, toccando infine il vertice dell’editoria miniata e ricchissima, sino all’oreficeria più sontuosa.

Lodevole l’idea di porre “a dialogo”, così come si usa dire oggi, i dipinti superbi dei Preraffaelliti con quelli magnifici del Primo Rinascimento, a cominciare da Pallade e il Centauro di Sandro Botticelli, vero e proprio scrigno istoriato contenente una summa di simbolismi ermetici neoplatonici, ma anche con altri grandi immortali opere quali quelle del Beato Angelico e di Filippo Lippi, di Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio e dell’archeometrico Piero della Francesca. Contrariamente al loro nome, mai così raffaelleschi, ridondanti e affascinanti nella loro magia e nel loro incanto, sono le immagini dipinte o ricamate della Queste du Saint Graal e altre meraviglie ricavate da un mondo fiabesco che parla sempre e per sempre al cuore dell’uomo che non abbia ancora perso la capacità di sognare. La mostra evidenza, infine, lo strettissimo rapporto tra l’Italia, vero e proprio luogo ideale e dello spirito e l’Inghilterra vittoriana, fumosa e ferrigna, avversata dagli esponenti della Confraternita nella loro ribellione incruenta, in realtà mai fallita seppur lo fu.

Vinse la macchina e l’industria? Soltanto in apparenza ebbe la meglio il meccanismo, e questa mostra ne è la prova evidente, di come ancora oggi lo Spirito e l’Anima, sebbene legati alla passione e alla carne, abbiano trionfato su ogni transumanesimo, su qualsiasi meccanicismo innestato a forza sul “rumore bianco d’un canale televisivo morto”, lasciandoci attraverso quei capelli rossi e biondi, con quegli sguardi dolcissimi e inebrianti, la certezza assoluta che un mondo d’avventura e di sortilegi sia più vero del vero e più reale del reale. E che lo si possa raggiungere soltanto osando un volo d’amore sulle ali d’un ippogrifo o a bordo d’un vascello di cristallo sui mari del Fato, sugli oceani del Tempo.

(*) Preraffaelliti. Rinascimento moderno dal 24 febbraio al 30 giugno 2024, Museo civico San Domenico, Forlì

Aggiornato il 04 marzo 2024 alle ore 10:19