L’identità italiana? Magnificamente spiegata da Gian Arturo Ferrari nel suo romanzo “Ragazzo Italiano”, Ed. Feltrinelli, una sorta di antagonista vittorioso, pari a una cellula “T” letteraria, contro la diffusione virale de “L’Amica Geniale” coniugata prevalentemente al femminile e incentrata sul più classico dei paesaggi del Sud Italia, come quello napoletano. Invece, il protagonista maschile di Ferrari è Ninni, un ragazzino che vive tra il Centro Italia della benestante Emilia Romagna e il Nord che più Settentrione non si può, come la Lombardia, Milano e un paesello di quella Provincia, Zanegrate, dai paesaggi sempre un po’ tristi e nebbiosi fatti di gente silenziosa che ti scorre accanto senza depositare su di te né gioie né dolori. Lì a Nord, un padre e una madre immigrati che stentano a mandare avanti la famiglia in quell’immediato Dopoguerra di un’Italia tutta da ricostruire. Dall’altra parte, Querciano, l’anima grassa, allegra e simile a una comune parigina di un bel borgo di campagna romagnola, in cui una nonna benestante, benvoluta e stimatissima dal circondario in quanto ex maestra manda avanti una grande casa colonica, il “Vaticano”, con tanto di terre e contadini. Ninni ha un padre che non lo ama e una madre devota e succube, mentre la nonna è il vero gigante della famiglia e l’indomabile e temuta antagonista di quel padre-padrone. Quaggiù una famiglia allargata e calda, lassù un nucleo chiuso e incomunicante con l’esterno che funziona nella vita di Ninni come l’imbuto di una clessidra in cui le emozioni scivolano lente e rade sul fondo di raccolta.

E anche il mondo del cortile, l’universo dei giochi, delle relazioni e degli amori acerbi prima di bambino e poi di fanciullo rispecchiano quelle differenze profonde, antropologiche esistenti da sempre tra Lombardia e Romagna. Zanegrate, in particolare, rappresenta il tempo degli obblighi, come quello della scuola e dell’obbedienza ai genitori, dove per giunta gli spazi esterni della casa, quelli del libero sfogo e dei giochi fantastici, sono inflazionati e snaturati da micro attività artigianali, come rudimentali laboratori per la lavorazione di protesi odontoiatriche (i cui scarti erano da massacrare per indirizzare la rabbia di un semirecluso su quegli inerti deformi) e di selleria in cui le borchie residuate erano come tanti tesori da predare e conservare negli anfratti dei muri esterni di mattoni. Querciano, invece, il luogo delle vacanze è l’oasi che esplode di colore e di biodiversità, con le sue figure di domestici anziani e devoti, come la Rosina e il Bergianti; con i suoi animali da cortile e da allevamento; poi lumache, formiche, lucertole e vermi dei quali occuparsi anche in modi un po’ crudeli; e infine l’orto e il prato nei quali dissimulare battaglie campali contro soldati immaginari. Per inventarsi giochi c’erano molti attrezzi teatrali: cassette dell’uva, assi di varia lunghezza, cavalletti, coperte, tende e pali.

Poi, il trasferimento in una casa acquistata con il mutuo a prezzo di enormi sacrifici (un regime della parsimonia esteso a tutti i fronti dei consumi domestici, tavola compresa) in un anonimo condominio di sei piani, collocato in una zona periferica e squallida della Milano anni Cinquanta dove ha inizio l’avventura travolgente del miracolo economico italiano. Al prezzo di una deportazione interna di intere fasce di popolazione che migrano dal Sud al Nord Italia, addensandosi in immense baraccopoli prive di servizi, immerse nel fango e invase dai topi dove le persone pur di non mollare e di tornare indietro erano disposte a sacrifici inenarrabili, senza mai dare il minimo problema di ordine pubblico. Poi, l’incontro con il maestro e successivamente con il professore giusto che inoculano in Ninni il primo inarrestabile germe della passione letteraria, con la successiva scoperta di un baule trasportato a Querciano dall’Argentina, dove erano vissute nonna e mamma di Ninni, ricolmo di testi e di manuali scolastici da consumarsi avidamente sotto la tenda o il lettone della camera da letto della nonna. Infine l’adolescenza, con il liceo, gli studi, gli amici, le prime assemblee studentesche e le elezioni di istituto con i fronti di destra, dei cattolici e della sinistra; l’immancabile giornalino del liceo su cui farsi un po’ le ossa con una scrittura acerba, incerta e un po’ confusa. Una strada d’autore lastricata di mille emozioni, incontri rivelatori e tantissima variegata umanità degli anni ruggenti dell’Italia miracolosa e miracolata degli anni 60 del secolo scorso. Un libro da confinamento per un’ottima lettura.

Aggiornato il 07 aprile 2020 alle ore 18:38