Il ritorno di Artemisia

Artemisia piace a tutti, un po’ perché pochi conoscono la storia dell’arte e quindi la ritengono l’unica donna ad aver dipinto, ad essere stata pittrice in un mondo prevalentemente maschile, nel quale le sole donne ammesse erano per lo più prostitute o cortigiane – a volte nobili – che si prestavano come modelle.

Piace a tutti, femministe furiose e aggraziati scrittori a la page, per via della sua tragica vita, dello stupro e del processo, Artemisia Gentileschi, la figlia di Orazio, l’amico di scorribande di Caravaggio è più di una donna pittrice vissuta nel primo Seicento, è divenuta un simbolo, un emblema, un mito dell’arte e quasi una leggenda.

Tutto questo contribuisce non poco a creare quell'alone di misterioso fascino nei confronti di una giovane artista del primo Barocco che se non avesse avuto la ventura di denunciare la propria avvenuta violenza carnale, così come facevano invece – tacendo – per lo più tutte le altre dei suoi tempi, sarebbe rimasta nella penombra dell’arte di tutti i secoli. Ma tanto è avvenuto e la figlia scapestrata e difficile di Orazio, oggi riemerge ancora una volta di nimbi violenti del Secolo d’Oro e da Londra giunge un dipinto che reca la sua firma, apposta nella spada di Davide, soggetto appunto dell’opera che risale all’anno 1639. La grande spada dall’elsa barocca è quella del gigante Golia, alla quale si appoggia il giovinetto pastore, vestito d’una camicia e farsetto, dai lunghi capelli di neri boccoli che ricadono sulle sue spalle come pampini d’uva matura. La testa mozzata del filisteo nemico d’Israele, giace ai suoi piedi fasciati.

Il dipinto, appena restaurato, potrebbe essere stato eseguito durante il breve soggiorno inglese dell’artista, insieme con il proprio padre incaricato di affrescare il palazzo nobiliare noto come Queen’s House a Greenwich. Ma è a Londra dove, nei lontani anni Settanta, il dipinto comparve battuto in asta per la prima volta, ma con differente attribuzione oggi completamente sconfessata.

Certo, oggi avere un’opera di Artemisia e non di uno dei tanti suoi epigoni o allievi di bottega paterna, imitatori caravaggeschi, è un bel salto di valore. Quindi sarebbe bene andare cauti con spregiudicate attribuzioni, tuttavia in questo caso la firma autografa cancella ogni dubbio e fa addirittura pensare che questo David potrebbe anche essere appartenuto all’importante collezione privata di re Carlo I d’Inghilterra.

Tutto ciò conforta ancora una volta l’indiscutibile fatto che non è quindi vera l’immagine che alcuni atenei anglosassoni vogliono dare, di un mondo dell’arte occidentale tra Medio Evo, Rinascimento e Barocco, completamente in mano ai pittori maschi. Artemisia è sì unica ma non è la sola, sebbene certo sia la più nota al grande pubblico.

Con perfetto tempismo ovviamente la scoperta avviene ad un mese esatto dall’inaugurazione della grande mostra dedicata alla pittrice italiana, che si terrà dal 4 aprile prossimo al 26 luglio 2020, alla National Gallery di Londra, con trenta sue opere, tra le quali anche alcuni capolavori provenienti dal nostro Paese, come Giuditta e Oloferne direttamente dagli Uffizi di Firenze e la Madonna col Bambino dalla Galleria Spada di Roma. In esposizione e per la prima volta dal loro recente ritrovamento, vi saranno anche alcune lettere di Artemisia, nelle quali la pittrice mette a nudo il proprio cuore rivelando l’amore passionale che la lega al nobile fiorentino Francesco Maria Maringhi. Tuttavia tra gli straordinari dipinti esposti non vedremo quest’ultimo.

Un ulteriore mistero e ancora una volta Artemisia, problematica e imprendibile, sfuggirà, non alla concupiscenza degli uomini, ma alla curiosità della gente.

Ed è meglio così, lasciatela in pace, a dipingere e a piangere con il proprio ardore e con il proprio dolore.

Aggiornato il 04 marzo 2020 alle ore 15:18