Sei maschio e sindaco? Allora, è solo l’inizio della tua fine politica e non solo. Stavolta Telefono Azzurro squilla per lui vittima di tre terribili Ladies. Se lo sarà meritato anche a costo di violare i suoi diritti? Sì e no. Quando la Rete del Potere pesca a strascico sardine e squali può davvero accadere di tutto al momento in cui la si rovescia sulla tolda-palcoscenico. Al Teatro Sala Umberto di Roma va in scena fino al 9 febbraio l’esilarante spettacolo interpretato dal trio Andreozzi-Cucinotta-Belvedere dal titolo (guarda caso...) “Figlie di Eva” la prima... brava donna dell’umanità che fa tanto rima con “figli di...”, per i testi di Michela Andreozzi-Vincenzo Alfieri-Grazia Giardiello e la regia di Massimiliano Vado. Il Convitato di Pietra è, come al solito, il Maschio Predatore (ricordate le quattro “Esse” del Diavolo al maschile? Soldi, Sangue, Sesso, Schiavitù?) affamato di sesso, denaro e potere, servito in questo caso da tre ancelle (non proprio del Signore…): Elvira, una segretaria tuttofare (Michela Andreozzi, autentica anima nera della vicenda), cinica, determinata e spietata come tutti coloro che operano all’ombra del potere; Vicky, una moglie assai ricca quanto superficiale e stupidotta (Mariagrazia Cucinotta), che non si accorge dei ripetuti tradimenti del marito sindaco, impegnata com’è nella cura del suo corpo statuario e delle sue mani in particolare; Antonia, un’insegnante calabrese (una strepitosa Vittoria Belvedere), coltissima zitella con la Sindrome di Tourette, malattia neurologica che si presenta con tic motori e coprolalia, per cui il soggetto ha esplosioni improvvise di turpiloquio incontrollato, anche a livello gestuale.

E che cosa hanno in comune questi tre personaggi femminili? Sono vittime a diverso titolo di Nicola Papaleo, un Lui alla Harvey Weinstein, ma con l’aggravante di essere detentore di un potere politico capillare, corrotto e spregiudicato, veicolato dalla durezza sapiente di Elvira che a tutto provvede, come: ricattare Antonia, minacciata di trasferimento a Vibo Valentia nel caso non passasse il compito scritto di maturità al figlio cocainomane e strafatto di Papaleo che traduce Carpe diem con “il giorno della carpa”; inviare contemporaneamente un mazzo di rose rosse all’ultima fiamma del Papaleo e uno di rose bianche a sua moglie Vicky, tanto per mettersi a posto la coscienza; invitare l’onorevole di turno per una questione di appalti da spartire; mettere firme false al posto del suo titolare per fatture inesistenti, tanto da guadagnarsi una denuncia all’autorità giudiziaria che la vedrà spodestata dal suo trono con tanto di cambio della serratura e sparizione delle carte del suo ufficio. Così le tre orfanelle del predatore di turno si troveranno dapprima ferocemente contrapposte, per poi gradualmente riallinearsi come una sola corda vibrante che intona un unico refrain: vendetta, tremenda vendetta. E trattandosi di donne potete giurarci che così sarà. Solo che, come dice Elvira, il Potere ancora si coniuga al maschile perché “dietro un grande uomo c’è sempre una donna molto più grande di lui, mentre dietro una grande donna non troverete mai nessuno”. Di che rivendicare, a ragione, un Me Too al maschile!

Allora, eccolo bello che confezionato l’antagonista che dovrà sfidare Papaleo, sindaco dimissionario, al prossimo turno delle elezioni comunali, certo Luca Bigozzi (un funambolico Marco Zingaro), attore fallito e amico di Vicky, per il successo del quale le tre Muse impersonanti l’Astuzia, il Sapere e l’Abbondanza metteranno in opera e in scena tutti i loro poteri facendogli da suggeritrici e mecenati nella preparazione del suo personaggio pubblico e, più in generale, per l’educazione e la profilazione del relativo... Pupo di pirandelliana memoria. Inutile dire che avranno ragione loro, battendo a... sei mani il perfido Papaleo. Non granché, verrebbe da dire, come impegno sociale. Ma, come in tutte le cose che vivono intensamente nelle pieghe di una farsa (le tre complici sono semplicemente fantastiche nelle gag e nella reciproca presa in giro, comprese le improvvise narcolessie di Cucinotta), resiste sullo strato profondo una morale incontrovertibile di quanto sia ancora scarsa l’autostima delle donne, per quanto riguarda la contendibilità al maschio del ruolo politico e decisionale al vertice della società.

 

 

Aggiornato il 01 febbraio 2020 alle ore 21:51