Sarah Bernhardt vi ama? Allora, voi dovete proprio essere Edmond Rostand poeta fallito, dal verso mieloso e involuto. Un artista talmente insicuro da risultare schiavo dalla sua dipendenza muliebre (moglie o amante platonica che sia) da cui, come l’albero con le sue radici ben piantate nel solco profondo della terra-madre, ricava la linfa vitale dell’ispirazione e della fiducia sussidiata in se stesso. A quanto pare, coniugata al maschile, l’Essenza dell’Arte non si dona al suo Autore spasimante senza darsi un volto di donna a mediare tra spirito, mente e scrittura. Anima il primo; onda di pensiero il secondo; azione e strumento fisico della creazione il terzo. Può il fluido denso dell’istinto della divina Sarah fare a meno del filtro impietoso che giudica dal successo mondano e artistico la caratura e la sostanza del genio? Certamente sì, come ci documenta l’affascinate ed esteticamente perfetta ultima opera di Alexis Michalik, “Cyrano mon amour”, in uscita nelle sale italiane dal 18 aprile, con Thomas Solivérès (Edmond Rostand), Olivier Gourmet (Constant Coquelin), Mathilde Seigner (Marie Legault) e Tom Leeb (Leo Volny).

E poiché esiste la “Bella Follia” anche nello star-system, sarà proprio la grande Sarah, idolo dei teatri di tutto il mondo, a cortocircuitare le vite del commediografo fallito Edmond e di Constant Coquelin, il più grande degli attori della Comedie Française di quell’ultimo decennio del XIX secolo, inseguito da una coppia stramba di petulanti creditori, finanziatori e produttori teatrali prosseneti, tenutari di uno dei più famosi bordelli della Belle Epoque, che (buon sangue non mente!) imporranno come protagonista del futuro spettacolo un’anziana amante di entrambi per affidarle la parte che la vede (ovviamente!) di decenni più anziana della giovane protagonista! Immaginate voi che cosa possa accadere a un artista che scrive testi teatrali in versi trovandosi a dover rimettere a un dispotico Coquelin una commedia inedita in meno di 24 ore! Ma il Destino, si sa, aiuta gli audaci e i disperati (non si saprà mai quanto l’una condizione influenzi l’altra!), trovando per puro caso i mediatori-personaggi che renderanno impetuosa e travolgente l’ispirazione ossificata del povero Rostand. Così Edmond diverrà un predestinato dopo essere stato un “meschineddu” paralizzato dalla sua retorica classicheggiante e ampollosa invisa al grande pubblico e così tanto derisa da illustri colleghi come Feydeau.

Con questi autori leggeri ma mai banali, lo spettacolo si farà sempre più popolare in quella fine 1800 invadendo gli spazi fino ad allora riservati alle élite in un’epoca che vuole andare veloce, sul cui lento incedere millenario la perfida e totalizzante Dea Technè si sta per scatenare, sconvolgendo il mondo con le sue meraviglie mirabolanti delle prime automobili e del cinema muto. Ad aiutare il nostro poeta un amico attore (quell’Adone superficiale di cui nella pièce Roxana si innamorerà grazie alla intermediazione del talento poetico di Cyrano), che gli porterà in dono proprio Marie, quella Musa tanto amata e invocata con la quale Rostand avvierà un rapporto epistolare furioso e intenso, tanto da colmare con le sue righe infiammate di passione tutti gli spazi liberi di una composizione che langue.

Ma ancora di più lo aiuterà la statuaria, affascinante e sorprendente figura di un colto mecenate impersonata dal gestore di colore di uno dei più famosi bistrot dell’epoca, che con il suo carisma prorompente riuscirà a trascinare a teatro i ceti popolari dei suoi avventori beoni. Un film in cui attori, protagonisti e comparse scorrono veloci ed ebbri di vita come animali che fuggono da un bosco in fiamme, verso la salvezza del grande lago di lacrime che tutto sana e ristora.

 

Aggiornato il 12 aprile 2019 alle ore 09:46