L’Arte come ecosistema della Mente! Ma anche l’Arte come ancella del Potere che ne viene glorificato nelle sue imprese epiche, magnificate da tecniche pittoriche auliche e retoriche che operano su grandi superfici e spazi di colore. Per molti secoli la pittura ha costituito uno strumento scientifico con le sue mille, geniali metodiche per la catalogazione attraverso i dipinti di genealogie di re, nobili, borghesi, villani, miserabili, artigiani, malviventi, soldati e coorti infinite di donne e uomini del popolo, immersi nei loro paesaggi urbani e campestri con indosso i vestiti della festa o della fatica; nobili e guerrieri ripresi nei loro lussureggianti costumi d’epoca e nelle armature sempre rilucenti, che li ritraessero sconfitti o vincitori. Questo è “Il Museo del Prado, la Corte delle Meraviglie” una splendida, gigantesca e sontuosa banca mondiale delle immagini d’epoca, patrimonio inestimabile dell’umanità, descritto con magistrale bravura nel film documentario dal titolo omonimo (in uscita esclusiva nelle sale italiane per soli tre giorni, dal 15 al 17 aprile), per la regia di Valeria Parisi e la partecipazione straordinaria di Jeremy Irons, un affascinante “cicerone” di inestimabile pregio.

Ed è lui ad accompagnare il suo visitatore virtuale nella storia intima delle opere più famose, nella vita di re e regine che hanno messo passione e ricchezze per la realizzazione dei palazzi d’esposizione, guidandoci con coltivata maestria nella storia della progettazione degli spazi museali durante i secoli, assistito da un team di specialisti e di responsabili di dipartimento del Prado in grado di coinvolgere un pubblico vasto ed eterogeneo di ogni lingua e cultura. Il Museo è l’Ape Regina e tutto attorno a lei ruotano miriadi di api multicolori che s’incaricano nei secoli di stratificare il dolce nettare della vita, un elisir che genera passioni contrastanti e utilizza la mitologia per godere pienamente della visione dei corpi nudi la cui congiunzione sessuale non è mai manifesta, ma velata da spessi panneggi ben annodati lì tutt’intorno alle superfici puberali a rischio di Santa Inquisizione. Tant’è, che i maschi regnanti avevano cura di far coprire i dipinti più “osé” nella sala appositamente dedicata nel caso di occasionale passaggio della componente muliebre della loro corte. Folgoranti come lampi nella penombra degli spazi riflessivi della mente sono i primi piani dei dettagli dei dipinti più famosi, che mostrano al di là delle tecniche affascinanti dei loro famosi esecutori la miriade di crepe sottilissime che avvolge come tanti capillari scuri le figure e i loro sfondi, facendoli apparire come componenti di un enorme puzzle premoderno.

In un gioco davvero fantastico, lo spettatore è continuamente richiamato come un’anima disorientata all’interno del corpo lussureggiante delle opere del Prado, per adagiarsi nel loro Assoluto estetico, impolitico e senza tempo che appartiene allo spazio delle emozioni sempre vive. Così la grande pala magnificente di un Carlo V d’Asburgo transeunte, colto mentre indossa la veste bianca di penitente per affrontare il Giudice finale depositando la sua corona, effimero emblema del potere terreno, sulla nuvola che sostiene la sua ascensione verso il Tutto delle anime purificate e rasserenate, ha il titolo “Gloria” nella ideazione secolarizzata di Tiziano Vecellio, ma “Giudizio finale” nel mito religioso per il Carlo V che lo contempla fino alla fine nel suo letto di morte. Poi, lo spettacolo ieratico e impressionista dei volti di bambini e adulti reali dipinti dal Goya nei ritratti di famiglia di Carlo IV di Spagna e dei duchi di Osuna, in cui lo stimma dei caratteri dei personaggi si imprime nell’ultrapercezione, come i suoi personaggi scuri del Male che Incombe, ai quali risponde Velasquez con gli straordinari contenuti di “Las Meninas”. Spettacolo davvero imperdibile!

Aggiornato il 11 aprile 2019 alle ore 10:19