Allegri da applausi all’Eliseo nel classico di Baricco

“Novecento” e non li dimostra! Al Teatro Eliseo va in scena fino al 18 aprile lo spettacolo tratto dal testo omonimo di Alessandro Baricco per l’interpretazione di Eugenio Allegri (che al termine dello spettacolo ha ricevuto una “standing-ovation” da tutto il pubblico) e la regia di Gabriele Vacis. Impresa non facile quella di ricostruire la leggenda del pianista sull’oceano attraverso una voce monologante avara pause e con uno scarso supporto di immagini fisse, proiettate nel telone-schermo retrostante scosso da luci multicolori e cangianti come il mare nelle varie ore del giorno e della notte. Perché, poi, in fondo, ognuno di noi è un grande bastimento in cui “il navigar m’è dolce” è soltanto un’illusione, dato che la chiglia è solitamente sommersa dai marosi e le sirene vincono sempre su di noi con i loro mendaci richiami. Così come il protagonista, abbandonato neonato sul Virginian in una culla di cartone delicatamente appoggiata sul piano del pianoforte da una madre che lo aveva partorito di nascosto nelle stive affollate della Terza Classe, apprende quasi per miracolo a suonare il pianoforte e progressivamente a conoscere l’intero mondo ascoltando i racconti dei passeggeri, duemila per volta, animali di terraferma in vacanza breve sulle onde, perfetti abitanti di quel mondo dorato e provvisorio dove è legge il divertimento, l’avventura, il riposo e la buona compagnia.

L’avvolgente narrazione di Allegri viaggia su di un diapason sempre elevatissimo fino a prevaricare lo sfondo sonoro, quasi a voler lasciare che l’anima sua si vada a collocare stabilmente tra le corde arrossate di quel pianoforte suonato da Novecento fino al calor bianco, quando per sfidarlo Jelly Roll Morton, un incauto famoso pianista di piano bar diventato l’idolo jazz dei bordelli d’alto rango, si fa un’intera traversata facendo la fine dei pifferi che partirono per suonarle e furono suonati. E la recitazione, mentre ricostruisce quei favolosi anni 30 del secolo scorso con i suoi lustrini, frac, fiumi di alcool e champagne, si focalizza su quella misteriosa sigaretta spenta che Novecento (pur non avendo mai fumato nella sua vita) aveva chiesto a Max, la voce narrante e suo miglior amico, trombettista nella stessa band che allietava le serate nei saloni del transatlantico. Su di una corda di quel piano divenuto incandescente a fine esecuzione di Novecento, il pianista accende la sigaretta e la porge al suo incredulo sfidante, mentre la cenere scivola sul suo vestito bianco e va ad adagiarsi sulle scarpe di vernice nera, mantenendo quella posizione quando i passi dell’ex primo della classe si allontanano mestamente dal luogo della sua disfatta artistica.

Allegri con il suo richiamo incessante all’epica solitaria di Novecento ci conduce a quei tre gradini della scaletta di discesa a terra che il pianista calcherà per conoscere finalmente il mondo, la New York di quel tempo saldamente ancorata alla terraferma, per poi rigirarsi al terzo con il suo cappotto di cammello preso in prestito da Max e ritornare per sempre all’interno di quel guscio immenso di legno e acciaio che lo aveva allevato per decenni. Che cosa aveva visto Novecento scendendo e ne era stato così tumultuosamente respinto? Seduti su due casse di dinamite, poco prima che il vecchio Virginian giunga alla sua ingloriosa fine, tutto si chiarisce nella penombra simulata di una gigantesca sala macchine, l’ultimo definitivo rifugio di Novecento che si era nascosto per non dover abbandonare la nave in disarmo. Ed era stato proprio quello spettacolo inquietante della megalopoli newyorkese a terrorizzare Novecento, perché ha visto in quel mostro urbano una tastiera infinita dove solo Dio poteva pensare di suonare. Lui no: doveva accontentarsi del suo piano con 88 tasti bicolori dove poteva suonare musica infinita. E nel farlo, sapendo che la sua vita si sarebbe consumata in quella sequenza di note, aveva deciso di liberarsi dei suoi desideri uno alla volta, perché, in fondo, non erano più numerosi di quelli che “che ci potevano stare su di una nave, tra una prua e una poppa”.

Aggiornato il 04 aprile 2019 alle ore 12:02